Molte persone convivono con un problema al piede e alla caviglia perché pensano che “prima o poi passerà”, o semplicemente perché in realtà non sanno da quale medico andare per il trattamento. Eppure, c’è una specializzazione dedicata esattamente a questo, la podologia. Una disciplina medica che si occupa della cura e delle problematiche legate alla struttura e alla conformazione del piede.
Che cos’è la podologia?
La podologia si occupa di tutte le patologie del piede, della caviglia e degli arti inferiori, guidando la cura del paziente (dal bambino, all’adulto, allo sportivo, all’anziano) attraverso l’intero percorso di prevenzione, diagnosi e trattamento.
Il podologo, oltre che intervenire direttamente sul piede del paziente, in casi come distorsioni, problemi di equilibrio, dolore al tallone, può aiutarlo a curare anche sintomi causati da condizioni mediche sottostanti, come il diabete o l’artrite.
Quando rivolgersi al podologo?
Alcuni problemi che potrebbero richiedere l’intervento del podologo sono:
– Intorpidimento, dolore o gonfiore a un piede: soffrire di problemi ai piedi può essere normale in certe occasioni (come ad esempio dopo una corsa o dopo esser stati in piedi tutto il giorno); tuttavia, se sintomi come dolore, intorpidimento e gonfiore, si presentano senza una ragione apparente, possono indicare un problema sottostante che richiede una valutazione podologica.
– Funghi: l’infezione può diffondersi alle altre unghie o dita dei piedi se non vengono tratti nel modo giusto.
– Dolore continuo al tallone: può essere causato da problemi diversi. Il podologo eseguirà un esame fisico (accompagnato da eventuale radiografia) per determinare la causa principale e sviluppare un piano di trattamento.
– Piede d’atleta: è una delle infezioni fungine più comuni che può essere trattata con creme da banco. Tuttavia, se il problema continua a ripresentarsi, è consigliabile consultare un podologo.
– Diabete: le persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 hanno un rischio molto più alto di avere problemi ai piedi, dettati da cattiva circolazione, danni ai nervi, ulcere e infezioni. Il paziente diabetico dovrebbe vedere il podologo almeno una volta all’anno prevenire l’insorgere di questi problemi o una loro complicazione.
– Unghia incarnita: lo sbaglio più grande in questi casi è fare da sé o rivolgersi ad un centro estetico per rimuovere l’unghia. Sotto l’unghia incarnita può esserci un’infezione che se non trattata nel modo giusto può solo peggiorare.
– Borsite: questa protuberanza ossea, che si sviluppa all’esterno dell’articolazione dell’alluce, può avere diverse cause che possono essere di natura genetica, derivare da cattive abitudini nel camminare, o dall’indossare scarpe non idonee al proprio piede. Il podologo può aiutare il paziente a trovare la causa ed individuare le opzioni di trattamento migliori in base alla gravità.
– Calli o duroni: questi problemi comuni possono diventare dolorosi se la pelle diventa troppo spessa. Un podologo può rimuovere aree della pelle indurita per alleviare il dolore o prescrivere un farmaco topico per trattarle.
– Dolore articolare al piede o alla caviglia: Anche se facilmente trattabile con farmaci antinfiammatori da banco è importante consultare un medico per determinare la causa principale del dolore, soprattutto se il dolore al piede o alla caviglia persiste.
– Problemi di postura: i piedi influiscono in modo determinante sulla nostra postura, così come eventuali problematiche ad esso correlate (si pensi al mal di schiena o al dolore alle ginocchia che possono derivare da una camminata scorretta). Da qui, una valutazione posturale del paziente da parte del podologo può essere fondamentale.
Prendiamo una badante o è meglio una casa di riposo?
Sono pur sempre i nostri genitori e come loro si sono occupati di noi accompagnandoci fino all’età adulta anche noi vorremmo stargli vicino sopratutto in un momento delicato come quello della terza età e magari dovendo affrontare anche una malattia, ma spesso la nostra quotidianità non ci permette di dare la giusta presenza e attenzione al nostro caro che non è più in grado di gestirsi in autonomia.
Allora cosa fare?
Ecco la fatidica domanda: prendiamo una badante o è meglio la casa di riposo?
Sicuramente la prima cosa da valutare è lo stato psicologico del genitore. Come si sentirebbe ad ospitare in casa sua una persona estranea? E come si sentirebbe allontanato dalla sua casa, dall’affetto della sua famiglia, privato dei suoi beni e della poca autonomia ancora rimastagli?
Molto dipende anche dallo stato della malattia e dal grado di autosufficienza della persona anziana.
Se il genitore non è più autosufficiente e la sua malattia è molto avanzata la migliore soluzione è sicuramente il ricovero in struttura, dove personale specializzato ed equipe mediche possono seguirlo in modo professionale tenendo però conto che l’anziano allontanato dalla propria casa e dalle proprie abitudini spesso si lascia andare e nessun medico o cura lo potrà guarire.
Valutare l’aiuto di una badante è sicuramente un’ottima soluzione. Il vostro genitore potrà godere ancora della propria casa e potrà avere vicino ancora tutti i propri familiari, inoltre sarà seguito giorno e notte in ogni sua esigenza, sarà sorvegliato, aiutato e curato nel migliore dei modi e in modo amorevole. In molti casi la badante diventa parte integrante della famiglia, si affeziona alla persona di cui si sta prendendo cura e viceversa l’assistito non può più fare a meno della sua badante che ormai vede come una nipote acquisita.
Nella valutazione generale bisogna sicuramente mettere in conto i costi sia per la struttura sia per la badante e i tempi di attesa che possono davvero essere molto lunghi per il ricovero in struttura e possono variare dai pochi giorni al mese in caso si scelga di assumere una badante.
Se alla fine di tutta la valutazione si decide per la badante le strade sono due: il fai da te o affidarsi ad un centro specializzato nella ricerca, nella selezione e nella gestione di personale qualificato nell’assistenza anziani.
Affidarsi ad un’azienda specializzata è sicuramente un grande vantaggio
Quando si cerca la badante per proprio conto bisogna considerare che i tempi potrebbero essere lunghi prima di trovare la persona adeguata alla propria situazione familiare, bisognerà fare diversi colloqui, cercare un commercialista o un consulente del lavoro per fare il contratto e metterla in regola, bisogna informarsi bene su tutta la parte burocratica e le scadenze dei pagamenti da effettuare per non incorrere in sanzioni o controversie e bisogna tenere conto che quando la badante andrà via (anche solo per le ferie) bisogna riprendere tutto il processo da capo.
Affidarsi ad un’azienda specializzata è sicuramente un grande vantaggio, la maggior parte delle agenzie si occupa di tutto, alleggerendo la famiglia da tutte le incombenze del caso (ricerca, selezione, contratto, pagamenti, contributi, sostituzioni), inoltre tutela la famiglia in caso di controversie con la badante, i tempi possono essere molto brevi (dalle 24/48 ore a massimo una settimana), inoltre l’azienda seria e specializzata ti segue passo passo ed è sempre presente per risolvere ogni tua problematica.
DIECI CONSIGLI PER PROTEGGERE E STIMOLARE I VOSTRI CARI
Cari amici,
da familiari sappiamo bene come la quotidianità con una persona con demenza sia complicata, lunga e l’assistenza anche estenuante. In questo periodo in cui ci viene chiesto di rimanere tutti in casa lo è ancor di più. Certamente può essere il momento di proporre alle persone con demenza attività di intrattenimento, stimolo e perché no anche di un sorriso. 1 – FOTOGRAFIE
Questo può essere il momento per riprendere in mano le vecchie foto, metterle in ordine, farsi raccontare e far scaturire una narrazione libera e magari metterne alcune in una scatola, una borsetta, un cassetto, un sacchettino o altro contenitore che sia noto, conosciuto, cercato, amato e significativo per la persona con demenza.
Questa attività potrebbe diventare più articolata se aggiungessimo nel contenitore qualche altro oggetto (un bracciale, orecchini, una collana, un portafoglio o un borsellino, un fazzoletto, la corona per dire il rosario) e lo tenessimo a portata di mano e fissassimo un appuntamento per aprirlo, rievocare e arricchirlo.
Si tratta di oggetti che aiutano a recuperare memorie di fatti personali ed esperienze di vita, le foto inoltre potrebbero, inoltre, comporre l’album personale utile a stimolare la memoria individuale e mantenere le informazioni dei membri della famiglia.
2 – VECCHI RITAGLI DI GIORNALI In una scatola possono essere inseriti vecchi ritagli di giornale, oggetti e souvenir che servono in casa come soprammobili ma che magari non attirano più l’attenzione. Se sono custoditi nel cuore della persona con demenza sapranno rievocarle qualcosa. Questa attività aiuta la persona a recuperare il nome degli oggetti e i fatti legati ad essi (il coniuge, la badante o il figlio/a può nominare l’oggetto e sollecitare le risposte con calma, con ironia e con intesa)
3 -VECCHIE CANZONI È il momento per ascoltare vecchie canzoni (del passato della persona con demenza) La musica in cd o audiocassette può essere utile non solo per l’ascolto ma anche per danzare (walzer, ballo liscio etc) o per ritmare l’armonia musicale con un battito di mani, movimenti delle braccia e del corpo. Anche questo passatempo coinvolge il familiare che dà avvio all’attività.
4 .MOVIMENTO In questa situazione il movimento è sacrificato. Vi ricordiamo però che è fondamentale che la persona con demenza mantenga il più possibile la propria mobilità: si può, ad esempio, farla camminare lungo il corridoio, il terrazzo o negli spazi più ampi dell’appartamento. Via libera anche a semplici esercizi come alzarsi e sedersi dalla sedia, sollevare alternativamente le ginocchia dalla posizione seduta (per 5 volte), alzare una gamba alla volta (per 5 volte), sollevare la punta dei piedi (per 5 volte), sollevare le braccia in alto (per 3 volte riposare poi ripetere) ed i nfine portare le braccia fuori (per 3 volte riposare e ripetere.
5 – ATTIVITÀ VARIE Potete dare sfogo alla vostra fantasia e creatività, aprendo armadi in dispensa dove si trovano pasta e riso, legumi e cereali che possono essere usati come materiale per un’attività di attenzione selettiva che prevede il separare, dividere facendo finta che si siano mescolati o utilizzare rocchetti di filo da dividere per colori. Un’attività’ creativa può’ essere quella di infilare il formato di pasta ditalini rigati e farne una collana o un bracciale. Si possono anche colorare con coloranti alimentari venduti nei supermercati. Si può rammendare un vecchio calzino di lana con l’ago della lana più grosso e facile da maneggiare oppure utilizzare un pezzetto di tessuto molto grossolano e far cucire. Queste attività possono essere molto rilassanti: non aspettiamoci dei risultati perfetti e non importa che il punto sia lungo e la stoffa arricciata. Si può pensare anche ad altre attività casalinghe come le pulizie, analizzando con pazienza quello che la persona faceva prima della malattia. Possiamo predisporre su un tavolo gli oggetti utilizzati in passato durante la vita lavorativa come una macchina da scrivere, penne, fogli (se impiegata/o), quaderni (recuperati dai nipoti) con i compiti da correggere (per un/a insegnante); oppure recuperare dai nipoti giochi di costruzione come il meccano o qualche attrezzo come dadi a vite grossi e posizionarli in una scatola che la persona può prendere in qualsiasi momento a suo piacimento. Si possono sistemare cassetti, fare ordine nella biancheria, piegare asciugamani: è consigliabile chiudere antine e cassetti contenenti indumenti che non vogliamo siano toccati. Si devono predisporre degli spazi organizzati con indumenti non utilizzati da tirar fuori per far prendere aria per poi rimetterli in ordine nei ripiani o nei cassetti. La scusa ufficiale, che calza a pennello, sono le pulizie di primavera e a tale scopo procurare alla persona uno panno umido per pulire l’interno degli armadi e dei cassetti. Un’altra attività può essere quella di far lavare, con sapone per la lana o sapone di Marsiglia fazzoletti, salviette o altra biancheria, allo scopo di fare eseguire delle attività domestiche. Oppure far stirare fazzoletti o biancheria con il ferro riscaldato a 35°, fare piegare la biancheria (salviette, asciugamani, tovaglioli, calzini etc.) e riporla nei cassetti. È fondamentale che tutto quanto suggerito venga svolto insieme al familiare-caregiver poiché il gesto imitativo tranquillizza e rende piacevole fare le faccende in collaborazione.
6 – PROGRAMMAZIONE La routine è fondamentale per le persone con demenza pertanto vi chiediamo lo sforzo di programmare al mattino e riuscire a mantenere laddove possibile una scansione più o meno simile delle giornate. Rispettare gli orari dei pasti, del sonno e della veglia aiuta a ridurre la sindrome del tramonto che sappiamo essere una condizione caratterizzata da un insieme di sintomi psichiatrici (principalmente stato confusionale, agitazione e deliri) che si verificano in soggetti anziani, specialmente quelli con demenza e Alzheimer, nelle ore del tardo pomeriggio, serali e notturne. Può essere utile questo esempio. Mattino: colazione, igiene, riordinare la casa (farsi aiutare a rifare il letto e sistemare la biancheria etc), spolverare, lavare le stoviglie, pulire le superfici; uscire per andare al cancello, al portone, in cortile o camminare in casa; coinvolgere la persona nel preparare il pasto: lavare le verdure, spezzettarle e farle/gli fare quello che in grado di eseguire come apparecchiare mettendo solo posate e tovaglioli. Pomeriggio: farsi aiutare a rigovernare la cucina, far lavare le posate e le stoviglie infrangibili (lasciate tutto il tempo che necessita al soggetto) usando poco detersivo liquido, far asciugare le stoviglie e spazzare la cucina, tenendo conto del fatto che il risultato non sarà perfetto. Dato che il pomeriggio è lungo far fare una pennichella (se necessario) poi uscire dall’appartamento come la mattina, programmare delle attività di cucito, di costruzione etc. o accendere il televisore per vedere vecchi film comici o ascoltare la musica, cantare e/o ballare e se compare irrequietezza fare un’altra uscita. Cena: come pranzo.
7 – ILLUMINAZIONE Essere costretti a rimanere a casa molte ore comporterà anche un aumento delle spese domestiche ma consigliamo di tenere, quanto più possibile, le luci accese. Dal momento che la luce affievolita del sole può scatenare la sindrome del tramonto, può aiutare avere una casa o una stanza illuminata: può essere utile un sistema di illuminazione che eviti zone di ombra o penombra. Una luce notturna nella camera da letto può essere utile per prevenire l’agitazione al risveglio. Pertanto si può organizzare in un angolo del soggiorno (anch’esso illuminato con una lampada) un tavolo o tavolino, una poltrona o una sedia comoda e con gli oggetti che la persona manipola volentieri e invitarla a raggiungere questi spazi, sedersi, toccare e magari anche riposare. Potrebbe essere di aiuto posizionare su di un vassoio, un cestino, una scatola delle scarpe il portafoglio, una bambola, qualche animale di peluche, la coperta, alcune foto e della bigiotteria. Questi spazi e oggetti tranquillizzeranno la persona che ha la possibilità di accedervi liberamente e quando ne ha necessità.
8 – NORME IGIENICO-SANITARIE Fate rispettare a tutte le persone che entrano in contatto con i vostri cari le norme igienico-sanitarie che vengono trasmesse e che sono state consigliate. Fondamentale il lavaggio delle mani e la disinfezione degli ambienti soprattutto se il vostro caro è seguito da un assistente familiare che non vive con lui e frequenta altri ambienti. Per semplificare anche alla persona con demenza può essere utile tenere a portata di mano una manopola da far usare già inumidita con sostanze disinfettanti.
9 – SINDROME DEL TRAMONTO È vero che ci sono limitazioni nell’uscire ma, come dicevamo prima, per fronteggiare la sindrome del tramonto quando la persona con demenza non riconosce la propria casa è necessario assecondarla e farla uscire anche solo sul pianerottolo o nell’androne o in cortile. Questo accorgimento, che rientra tra le misure consentite, può aiutare la persona con demenza e ripristinare l’orientamento. Anche fare una sola rampa di scale può essere utile per distrarre o stancare la persona (valutare sempre il grado di abilità motoria residua e le sue capacità); è preferibile comunque farla salire e non scendere appoggiando la mano sul corrimano e poi riprendere l’ascensore fino all’appartamento.
10 – SVAGO E PASSATEMPI
Cucinare insieme può rappresentare un valido momento di svago e passatempo. Questa attività può essere organizzata all’interno del programma giornaliero. Si può strutturare il momento cucina in stadi: 1 – pensare ad una ricetta e scegliere gli alimenti da cucinare; 2 – scrivere su un foglietto le cose che mancano e da comperare; 3 – andare al supermercato (il caregiver senza la persona in questo caso); 4 – preparare i cibi in base alla ricetta e farsi aiutare dalla persona con demenza nelle mansioni più semplici come ad esempio tagliare la cipolla, il sedano o la carota etc.
È consigliabile usare un coltello con lama a seghetto o poco tagliente per evitare delle ferite. I cibi saranno tagliati a pezzetti un po’ strani e non perfetti ma dobbiamo tollerare qualsiasi cosa perché l’obiettivo è mantenere allenata la memoria procedurale (come si fa un’azione) e non il risultato. Cuocere gli alimenti può rappresentare un pericolo ma prestando molta attenzione si può fare rimescolare il cibo nella pentola. Molte persone in questo periodo suggeriscono ricette per preparare biscotti: stendere la pasta, tagliarla con le formine oppure preparare un’insalata mista, una macedonia o un dolce freddo rende l’attività di cucina molto soddisfacente e piacevole e, inoltre, aumenta l’autostima della persona con demenza (un tempo una brava cuoca) e la sua percezione di essere ancora capace.
Contratto collettivo nazionale di lavoro sulla
disciplina del rapporto di lavoro domestico
Art. 1 – Sfera di applicazione
Il presente contratto collettivo nazionale di lavoro, stipulato tra:
FIDALDO, Federazione italiana datori di lavoro domestico, aderente a Confedilizia, costituita da NUOVA COLLABORAZIONE, ASSINDATCOLF, ADLD, ADLC,
DOMINA, Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico da una parte, e Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, UILTuCS e Federcolf dall’altra, disciplina, in maniera unitaria per tutto il territorio nazionale, il rapporto di lavoro domestico. Il contratto si applica agli assistenti familiari (colf, badanti, babysitter ed altri profili professionali di cui al presente CCNL), anche di nazionalità non italiana o apolidi, comunque retribuiti, addetti al funzionamento della vita familiare e delle convivenze familiarmente strutturate, tenuto conto di alcune fondamentali caratteristiche del rapporto.
Resta ferma, per i soggetti che ne sono destinatari, la normativa dettata in tema di collocamento alla pari dall’Accordo del 24 novembre 1969, n. 68, ratificato con la legge 18 maggio 1973, n.304.
Art. 2 – Inscindibilità della presente regolamentazione
Le norme della presente regolamentazione collettiva nazionale sono, nell’ambito di ciascuno dei relativi istituti, inscindibili e correlative fra di loro, né quindi cumulabili con altro trattamento, e sono ritenute dalle parti complessivamente più favorevoli rispetto a quelle dei precedenti contratti collettivi.
Art. 3 – Condizioni di miglior favore
Eventuali trattamenti più favorevoli saranno mantenuti sotto forma di ‘ad personam‘.
Art. 4 – Documenti di lavoro
All’atto dell’assunzione il lavoratore dovrà consegnare al datore di lavoro i documenti necessari in conformità con la normativa in vigore e presentare in visione i documenti assicurativi e previdenziali, nonché ogni altro documento sanitario aggiornato con tutte le attestazioni previste dalle norme di legge vigenti, un documento di identità personale non scaduto ed eventuali diplomi o attestati professionali specifici. Il lavoratore extracomunitario potrà essere assunto se in possesso del permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di lavoro subordinato.
Art. 5 – Assunzione
L’assunzione del lavoratore avviene ai sensi di legge.
Art. 6 – Contratto individuale di lavoro (lettera di assunzione)
Tra le parti dovrà essere stipulato un contratto di lavoro (lettera di assunzione), nel quale andranno indicati, oltre ad eventuali clausole specifiche:
data dell’inizio del rapporto di lavoro;
livello di appartenenza, mansione;
durata del periodo di prova;
esistenza o meno della convivenza;
la residenza del lavoratore, nonché l’eventuale diverso domicilio, valido agli effetti del rapporto di lavoro. Per i rapporti di convivenza, il lavoratore dovrà indicare l’eventuale proprio domicilio diverso da quello della convivenza, a valere in caso di sua assenza da quest’ultimo, ovvero validare a tutti gli effetti lo stesso indirizzo della convivenza, anche in caso di sua assenza purché in costanza di rapporto di lavoro;
durata dell’orario di lavoro e sua distribuzione;
eventuale tenuta di lavoro, che dovrà essere fornita dal datore di lavoro;
per i lavoratori conviventi, la collocazione della mezza giornata di riposo settimanale in aggiunta alla giornata di riposo settimanale spettante alla domenica, ovvero ad altra giornata nel caso di cui all’art. 13, ultimo comma; i)retribuzione pattuita;
luogo di effettuazione della prestazione lavorativa nonché la previsione di eventuali temporanei spostamenti per villeggiatura o per altri motivi familiari
(trasferte);
periodo concordato di godimento delle ferie annuali;
indicazione dell’adeguato spazio dove il lavoratore abbia diritto di riporre e custodire i propri effetti personali;
obbligatorietà del versamento dei contributi di assistenza contrattuale, come indicato all’art.53;
eventuale presenza di impianti audiovisivi all’interno dell’abitazione;
applicazione di tutti gli altri istituti previsti dal presente contratto.
La lettera di assunzione, firmata dal lavoratore e dal datore di lavoro, dovrà essere scambiata tra le parti. Le variazioni delle condizioni contrattuali, non meramente occasionali, dovranno essere concordate.
Art. 7- Assunzione a tempo determinato
L’assunzione può effettuarsi a tempo determinato, nel rispetto della normativa vigente, obbligatoriamente in forma scritta, con scambio tra le parti della relativa lettera, nella quale devono essere specificate le fattispecie giustificatrici.
La forma scritta non è necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni di calendario.
Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi. In questi casi si possono effettuare fino a quattro proroghe a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato; la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere comunque superiore, compresa la eventuale proroga, ai 24 mesi. Nei contratti a tempo determinato di durata superiore ai 12 mesi è necessario l’inserimento della causale.
A titolo esemplificativo è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro nei seguenti casi:
per l’esecuzione di un servizio definito o predeterminato nel tempo, anche se ripetitivo;
per sostituire anche parzialmente lavoratori che abbiano ottenuto la sospensione del rapporto per motivi familiari, compresa la necessità di raggiungere la propria famiglia residente all’estero;
per sostituire lavoratori malati, infortunati, in maternità o fruenti dei diritti istituiti dalle norme di legge sulla tutela dei minori e dei portatori di handicap, anche oltre i periodi di conservazione obbligatoria del posto;
per sostituire lavoratori in ferie;
per l’assistenza extradomiciliare a persone non autosufficienti ricoverate in ospedali, case di cura, residenze sanitarie assistenziali e case di riposo.
Per le causali che giustificano l’assunzione a tempo determinato i datori di lavoro potranno altresì avvalersi di somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Art. 8 – Lavoro ripartito
E’ consentita, nel rispetto del regolamento allegato al presente contratto, l’assunzione di due lavoratori che assumono in solido l’adempimento di un’unica obbligazione lavorativa.
Fermo restando il vincolo di solidarietà e fatta salva una diversa intesa fra le parti contraenti, ciascuno dei due lavoratori resta personalmente e direttamente responsabile dell’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa.
Il contratto di lavoro ripartito deve essere stipulato in forma scritta. Nella lettera di assunzione devono essere indicati il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore in base al presente contratto collettivo, nonché la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei due lavoratori.
Fatte salve eventuali diverse intese fra le parti contraenti, i due lavoratori hanno facoltà di determinare, discrezionalmente ed in qualsiasi momento, sostituzioni fra di loro, nonché di modificare consensualmente la collocazione temporale dei rispettivi orari di lavoro; nel qual caso il rischio dell’impossibilità della prestazione lavorativa, per fatti attinenti ad uno dei coobbligati, è posta in capo all’altro obbligato. Il trattamento economico e normativo di ciascuno dei due lavoratori è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita da ciascun lavoratore.
Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilità di uno o di entrambi i lavoratori coobbligati, sono vietate.
Salvo diverse intese fra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale. Tale disposizione non trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro o su proposta dell’altro prestatore di lavoro, quest’ultimo si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, interamente o parzialmente; in tal caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c.. Analogamente è data facoltà al lavoratore di indicare la persona con la quale, previo consenso del datore di lavoro, egli potrà assumere in solido la prestazione di lavoro. In ogni caso, l’assenza di intesa fra le parti comporterà l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale.
Art. 9 – Inquadramento dei lavoratori
Gli assistenti familiari sono inquadrati in quattro livelli, a ciascuno dei quali corrispondono due parametri retributivi, il superiore dei quali è definito “super”:
Livello A
Appartengono a questo livello gli assistenti familiari, non addetti all’assistenza di persone che svolgono con competenza le proprie mansioni, relative ai profili lavorativi indicati, a livello esecutivo e sotto il diretto controllo del datore di lavoro.
Profili:
Addetto alle pulizie. Svolge esclusivamente mansioni relative alla pulizia della casa;
Addetto alla lavanderia. Svolge esclusivamente mansioni relative alla lavanderia;
Aiuto di cucina. Svolge esclusivamente mansioni di supporto al cuoco;
Svolge mansioni di normale pulizia della stalla e di cura generica del/dei cavallo/i;
Assistente ad animali domestici. Svolge esclusivamente mansioni di assistenza ad animali domestici;
Addetto alla pulizia ed annaffiatura delle aree verdi;
Operaio comune. Svolge esclusivamente mansioni manuali, di fatica, sia per le grandi pulizie, sia nell’ambito di interventi di piccola manutenzione.
Livello A super Profili:
a) Addetto alla compagnia. Svolge esclusivamente mansioni di mera compagnia a persone adulte autosufficienti, senza effettuare alcuna altra prestazione di lavoro; Livello B
Appartengono a questo livello gli assistenti familiari che, svolgono con specifica competenza le proprie mansioni, ancorché a livello esecutivo.
Profili:
Collaboratore familiare generico polifunzionale. Svolge le plurime incombenze relative al normale andamento della vita familiare, compiendo, promiscuamente, mansioni di pulizia e riassetto della casa, di addetto alla cucina, di addetto alla lavanderia, di assistente ad animali domestici, nonché altri compiti nell’ambito del livello di appartenenza;
Custode di abitazione privata. Svolge mansioni di vigilanza dell’abitazione del datore di lavoro e relative pertinenze, nonché, se fornito di alloggio nella proprietà, di custodia;
Addetto alla stireria. Svolge mansioni relative alla stiratura;
Svolge servizio di tavola e di camera;
Addetto alla cura delle aree verdi ed ai connessi interventi di manutenzione;
Operaio qualificato. Svolge mansioni manuali nell’ambito di interventi, anche complessi, di manutenzione;
Svolge mansioni di conduzione di automezzi adibiti al trasporto di persone ed effetti familiari, effettuando anche la relativa ordinaria manutenzione e pulizia; h)Addetto al riassetto camere e servizio di prima colazione anche per persone ospiti del datore di lavoro. Svolge le ordinarie mansioni previste per il collaboratore generico polifunzionale, oltreché occuparsi del rifacimento camere e servizio di tavola della prima colazione per gli ospiti del datore di lavoro.
Livello B super Profilo:
Assistente familiare che assiste persone autosufficienti, ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti;
Assistente familiare che assiste bambini (baby sitter), ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti.
Livello C
Appartengono a questo livello gli assistenti familiari che, in possesso di specifiche conoscenze di base, sia teoriche che tecniche, relative allo svolgimento dei compiti assegnati, operano con totale autonomia e responsabilità.
Profilo:
a) Svolge mansioni di addetto alla preparazione dei pasti ed ai connessi compiti di cucina, nonché di approvvigionamento delle materie prime.
Livello C super Profilo:
a) Assistente familiare che assiste persone non autosufficienti (non formato), ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti.
Livello D
Appartengono a questo livello gli assistenti familiari che, in possesso dei necessari requisiti professionali, ricoprono specifiche posizioni di lavoro caratterizzate da responsabilità, autonomia decisionale e/o coordinamento.
Profili:
Amministratore dei beni di famiglia. Svolge mansioni connesse all’amministrazione del patrimonio familiare;
Svolge mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse ai servizi rivolti alla vita familiare;
Svolge mansioni di coordinamento relative alle attività di cameriere di camera, di stireria, di lavanderia, di guardaroba e simili;
Capo cuoco. Svolge mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse alla preparazione dei cibi e, in generale, ai compiti della cucina e della dispensa;
Capo giardiniere. Svolge mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse alla cura delle aree verdi e relativi interventi di manutenzione;
Svolge mansioni di istruzione e/o educazione dei componenti il nucleo familiare.
Livello D super Profili:
Assistente familiare che assiste persone non autosufficienti (formato), ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti;
Direttore di casa. Svolge mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse all’andamento della casa;
Assistente familiare educatore formato. Lavoratore che, nell’ambito di progetti educativi e riabilitativi elaborati da professionisti individuati dal datore di lavoro, attua specifici interventi volti a favorire l’inserimento o il reinserimento nei rapporti sociali, in autonomia, di persone in condizioni di difficoltà perché affette da disabilità psichica oppure da disturbi dell’apprendimento o relazionali.
Note a verbale:
Il lavoratore addetto allo svolgimento di mansioni promiscue ha diritto all’inquadramento nel livello corrispondente alle mansioni prevalenti.
Per persona autosufficiente si intende il soggetto in grado di compiere le più importanti attività relative alla cura della propria persona ed alla vita di relazione.
La formazione del personale per l’assistenza a persona non autosufficiente, laddove prevista per l’attribuzione della qualifica, si intende conseguita quando il lavoratore sia in possesso di diploma nello specifico campo oggetto della propria mansione, conseguito in Italia o all’estero, purché equipollente, anche con corsi di formazione aventi la durata minima prevista dalla legislazione regionale e comunque non inferiore a 500 ore.
Ai fini del diritto all’ inquadramento nel livello D Super, è onere del lavoratore comunicare per iscritto al datore di lavoro il conseguimento, anche in corso di rapporto di lavoro, di detto diploma e consegnarne copia.
Le parti firmatarie, in merito al profilo c) <<Assistente familiare educatore formato>> inquadrato nel livello D Super, precisano che per il profilo indicato non si intende la figura professionale dell’educatore professionale disciplinato dalla c.d. <<Legge Iori>> (art. 1, commi 594 e seguenti, L. n. 205 del 2017).
Art. 10 – Discontinue prestazioni notturne di cura alla persona
Al personale non infermieristico espressamente assunto per discontinue prestazioni assistenziali di attesa notturna in favore di soggetti autosufficienti (bambini, anziani, portatori di handicap o ammalati), e conseguentemente inquadrato nel livello B super, ovvero per discontinue prestazioni assistenziali notturne in favore di soggetti non autosufficienti, e conseguentemente inquadrato nel livello C super (se non formato) o nel livello D super (se formato), qualora la collocazione temporale della prestazione sia ricompresa tra le ore 20.00 e le ore 8.00 sarà corrisposta la retribuzione prevista dalla tabella D allegata al presente contratto, relativa al livello di inquadramento, fermo restando quanto previsto dal successivo art. 14. Per il personale non convivente, sussiste l’obbligo di corresponsione della prima colazione, della cena e di un’idonea sistemazione per la notte.
Al personale convivente di cui al presente articolo dovranno essere in ogni caso garantite undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore.
Fatta salva la fascia oraria indicata al comma 1, ai soli fini dell’assolvimento dell’obbligo contributivo di cui all’art.53, l’orario convenzionale di lavoro è pari a otto ore giornaliere.
L’assunzione ai sensi del presente articolo dovrà risultare da apposito atto sottoscritto dalle parti; in tale atto devono essere indicate l’ora d’inizio e quella di cessazione dell’assistenza e il suo carattere di prestazione discontinua.
Art. 11 – Prestazioni esclusivamente d’attesa
Al personale assunto esclusivamente per garantire la presenza notturna, sarà corrisposta la retribuzione prevista dalla tabella E allegata al presente contratto, qualora la durata della presenza stessa sia interamente ricompresa tra le ore 21.00 e le ore 8.00, fermo restando l’obbligo di consentire al lavoratore il completo riposo notturno in un alloggio idoneo.
Qualora venissero richieste al lavoratore prestazioni diverse dalla presenza, queste non saranno considerate lavoro straordinario, bensì retribuite aggiuntivamente sulla base delle retribuzioni previste per i lavoratori non conviventi, come da tabella C allegata al presente contratto, con le eventuali maggiorazioni contrattuali e limitatamente al tempo effettivamente impiegato.
Fatta salva la fascia oraria indicata al comma 1, ai soli fini dell’assolvimento dell’obbligo contributivo di cui all’art.53, l’orario convenzionale di lavoro è pari a cinque ore giornaliere, oltre alle prestazioni eventualmente retribuite ai sensi del comma 2.
L’assunzione dovrà risultare da apposito atto sottoscritto e scambiato tra le parti.
Art. 12 – Periodo di prova
I lavoratori inquadrati nei livelli D) e D super) ed i lavoratori operanti in regime di convivenza indipendentemente dal livello di inquadramento, sono soggetti ad un periodo di prova regolarmente retribuito di 30 giorni di lavoro effettivo. Per i restanti rapporti di lavoro, il periodo di prova è di 8 giorni di lavoro effettivo.
Il lavoratore che abbia superato il periodo di prova senza aver ricevuto comunicazione di recesso s’intende automaticamente confermato. Il servizio prestato durante il periodo di prova va computato a tutti gli effetti dell’anzianità.
Durante il periodo di prova, il rapporto di lavoro può essere risolto in qualsiasi momento da ciascuna delle parti, senza preavviso, ma con il pagamento, a favore del lavoratore della retribuzione e delle eventuali competenze accessorie corrispondenti al lavoro prestato.
Se il lavoratore è stato assunto come prima provenienza da altra Regione, senza avere trasferito la propria residenza, e la risoluzione del rapporto non avvenga per giusta causa, dovrà essere dato dal datore di lavoro un preavviso di 3 giorni o, in difetto, la retribuzione corrispondente.
L’apposizione del periodo di prova deve risultare da atto scritto.
Art. 13 – Riposo settimanale
Il riposo settimanale, per i lavoratori conviventi, è di 36 ore e deve essere goduto per 24 ore la domenica, mentre le residue 12 ore possono essere godute in qualsiasi altro giorno della settimana, concordato tra le parti. In tale giorno il lavoratore presterà la propria attività per un numero di ore non superiore alla metà di quelle che costituiscono la durata normale dell’orario di lavoro giornaliero.
Qualora vengano effettuate prestazioni nelle 12 ore di riposo non domenicale, esse saranno retribuite con la retribuzione globale di fatto maggiorata del 40%, a meno che tale riposo non sia goduto in altro giorno della stessa settimana diverso da quello concordato ai sensi del precedente comma.
Il riposo settimanale, per i lavoratori non conviventi, è di 24 ore e deve essere goduto la domenica.
Il riposo settimanale domenicale è irrinunciabile. Qualora fossero richieste prestazioni di lavoro per esigenze imprevedibili e che non possano essere altrimenti soddisfatte, sarà concesso un uguale numero di ore di riposo non retribuito nel corso della giornata immediatamente seguente e le ore così lavorate saranno retribuite con la maggiorazione del 60% della retribuzione globale di fatto.
Qualora il lavoratore professi una fede religiosa che preveda la solennizzazione in giorno diverso dalla domenica, le parti potranno accordarsi sulla sostituzione, a tutti gli effetti contrattuali, della domenica con altra giornata; in difetto di accordo, sarà data integrale applicazione ai commi precedenti.
Art. 14 – Orario di lavoro
La durata normale dell’orario di lavoro è quella concordata fra le parti e comunque, fatto salvo quanto previsto al comma 2, con un massimo di:
10 ore giornaliere, non consecutive, per un totale di 54 ore settimanali, per i lavoratori conviventi;
8 ore giornaliere, non consecutive, per un totale di 40 ore settimanali, distribuite su 5 giorni oppure su 6 giorni, per i lavoratori non conviventi.
I lavoratori conviventi inquadrati nei livelli C, B e B super, nonché gli studenti di età compresa fra i 16 e i 40 anni frequentanti corsi di studio al termine dei quali viene conseguito un titolo riconosciuto dallo Stato ovvero da Enti pubblici, possono essere assunti in regime di convivenza anche con orario fino a 30 ore settimanali; il loro orario di lavoro dovrà essere articolato in una delle seguenti tipologie:
interamente collocato tra le ore 6.00 e le ore 14.00;
interamente collocato tra le ore 14.00 e le ore 22.00;
interamente collocato, nel limite massimo di 10 ore al giorno non consecutive, in non più di tre giorni settimanali.
A questi lavoratori dovrà essere corrisposta, qualunque sia l’orario di lavoro osservato nel limite massimo delle 30 ore settimanali, una retribuzione pari a quella prevista dalla tabella B allegata al presente contratto, fermo restando l’obbligo di corresponsione dell’intera retribuzione in natura. Eventuali prestazioni lavorative eccedenti l’orario effettivo di lavoro concordato nell’atto scritto di cui al successivo comma 3 saranno retribuite con la retribuzione globale di fatto oraria, se collocate temporalmente all’interno della tipologia di articolazione dell’orario adottata; le prestazioni collocate temporalmente al di fuori di tale tipologia saranno retribuite in ogni caso con la retribuzione globale di fatto oraria con le maggiorazioni previste dall’ art. 15.
L’assunzione ai sensi del comma 2 dovrà risultare da atto scritto, redatto e sottoscritto dal datore di lavoro e dal lavoratore, da cui risultino l’orario effettivo di lavoro concordato e la sua collocazione temporale nell’ambito delle articolazioni orarie individuate nello stesso comma 2; ai lavoratori così assunti si applicano integralmente tutti gli istituti disciplinati dal presente contratto. Con atto scritto, redatto e sottoscritto dal datore di lavoro e dal lavoratore, contenente gli stessi elementi, il rapporto di convivenza con durata normale dell’orario di lavoro concordata ai sensi del comma 1 potrà essere trasformato nel rapporto di convivenza di cui al comma 2 e viceversa.
Il lavoratore convivente ha diritto ad un riposo di almeno 11 ore consecutive nell’arco della stessa giornata e, qualora il suo orario giornaliero non sia interamente collocato tra le ore 6.00 e le ore 14.00, oppure tra le ore 14.00 e le ore 22.00, ad un riposo intermedio non retribuito, normalmente nelle ore pomeridiane, non inferiore alle 2 ore giornaliere di effettivo riposo. Durante tale riposo il lavoratore potrà uscire dall’abitazione del datore di lavoro, fatta salva in ogni caso la destinazione di tale intervallo all’effettivo recupero delle energie psicofisiche.
È consentito il recupero consensuale e a regime normale di eventuali ore non lavorate, in ragione di non più di 2 ore giornaliere.
La collocazione dell’orario di lavoro è fissata dal datore di lavoro, nell’ambito della durata di cui al comma 1, nei confronti del personale convivente a servizio intero; per il personale convivente con servizio ridotto o non convivente è concordata fra le parti.
Salvo quanto previsto per i rapporti di cui ai precedenti artt. 10 e 11, è considerato lavoro notturno quello prestato tra le ore 22.00 e le ore 6.00, ed è compensato, se ordinario, con la maggiorazione del 20% della retribuzione globale di fatto oraria, se straordinario, in quanto prestato oltre il normale orario di lavoro, così come previsto dall’art. 15.
Le cure personali e delle proprie cose, salvo quelle di servizio, saranno effettuate dal lavoratore fuori dell’orario di lavoro.
Al lavoratore tenuto all’osservanza di un orario giornaliero pari o superiore alle 6 ore, ove sia concordata la presenza continuativa sul posto di lavoro, spetta la fruizione del pasto, ovvero, in difetto di erogazione, un’indennità pari al suo valore convenzionale. Il tempo necessario alla fruizione del pasto, in quanto trascorso senza effettuare prestazioni lavorative, sarà concordato fra le parti e non retribuito.
Il datore di lavoro che abbia in servizio uno o più lavoratori a tempo pieno addetti all’assistenza di persone non autosufficienti inquadrati nei livelli CS o DS, potrà assumere in servizio uno o più lavoratori, conviventi o meno, da inquadrare nei livelli CS o DS, con prestazioni limitate alla copertura delle ore e giorni di riposo, giornaliere e settimanali, dei lavoratori titolari dell’assistenza. Tali prestazioni saranno retribuite sulla base della tabella “G” e della tabella “F” inerente le indennità di vitto e alloggio di cui all’art. 36, qualora spettanti.
Art. 15 – Lavoro straordinario
Al lavoratore può essere richiesta una prestazione lavorativa oltre l’orario stabilito, sia di giorno che di notte, salvo suo giustificato motivo di impedimento. In nessun caso il lavoro straordinario dovrà pregiudicare il diritto al riposo giornaliero.
È considerato lavoro straordinario quello che eccede la durata giornaliera o settimanale massima fissata all’art. 14, comma 1, lettera a) e b), salvo che il prolungamento sia stato preventivamente concordato per il recupero di ore non lavorate.
Lo straordinario è compensato con la retribuzione globale di fatto oraria così maggiorata:
del 25%, se prestato dalle ore 6.00 alle ore 22.00;
del 50%, se prestato dalle ore 22.00 alle ore 6.00;
del 60% in una delle festività indicate nell’art. 16 o nella giornata di domenica, in caso di professione di una religione che preveda la solennizzazione in giornata diversa dalla domenica questa giornata sarà assoggetta alla disciplina del lavoro domenicale.
Le ore di lavoro prestate dai lavoratori non conviventi, eccedenti le ore 40 e fino alle ore 44 settimanali, purché eseguite nella fascia oraria compresa tra le ore 6.00 e le ore 22.00, sono compensate con la retribuzione globale di fatto oraria maggiorate del 10%.
Le ore di lavoro straordinario debbono essere richieste con almeno un giorno di preavviso, salvo casi di emergenza o particolari necessità impreviste.
In caso di emergenza, le prestazioni effettuate negli orari di riposo notturno e diurno sono considerate di carattere normale e daranno luogo soltanto al prolungamento del riposo stesso; tali prestazioni devono avere carattere di assoluta episodicità e imprevedibilità.
Art. 16 – Festività nazionali e infrasettimanali
Sono considerate festive le giornate riconosciute tali dalla legislazione vigente; esse attualmente sono:
1° gennaio,
6 gennaio,
lunedì di Pasqua,
25 aprile,
1° maggio,
2 giugno,
15 agosto,
1° novembre,
8 dicembre,
25 dicembre,
26 dicembre,
Patrono.
In tali giornate sarà osservato il completo riposo, fermo restando l’obbligo di corrispondere la normale retribuzione.
Per il rapporto ad ore le festività di cui al comma 1 verranno retribuite sulla base della normale paga oraria ragguagliata a 1/6 dell’orario settimanale. Le festività da retribuire sono tutte quelle cadenti nel periodo interessato, indipendentemente dal fatto che in tali giornate fosse prevista, o meno, la prestazione lavorativa.
In caso di prestazione lavorativa è dovuto, oltre alla normale retribuzione giornaliera, il pagamento delle ore lavorate con la retribuzione globale di fatto maggiorata del 60%.
In caso di festività infrasettimanale coincidente con la domenica, il lavoratore avrà diritto al recupero del riposo in altra giornata o, in alternativa, al pagamento di 1/26 della retribuzione globale di fatto mensile.
Le giornate che hanno cessato di essere considerate festive agli effetti civili, ai sensi della legge 5 marzo 1977, n. 54, sono state compensate mediante il riconoscimento al lavoratore del godimento dell’intera giornata nelle festività di cui al comma 1.
Art. 17 – Ferie
Indipendentemente dalla durata e dalla distribuzione dell’orario di lavoro, per ogni anno di servizio presso lo stesso datore di lavoro, il lavoratore ha diritto ad un periodo di ferie di 26 giorni lavorativi.
I lavoratori con retribuzione mensile percepiranno la normale retribuzione, senza alcuna decurtazione; quelli con retribuzione ragguagliata alle ore lavorate percepiranno una retribuzione ragguagliata ad 1/6 dell’orario settimanale per ogni giorno di ferie godute.
Il datore di lavoro, compatibilmente con le proprie esigenze e con quelle del lavoratore, dovrà fissare il periodo di ferie, fermo restando la possibilità di diverso accordo tra le parti, da giugno a settembre.
Il diritto al godimento delle ferie è irrinunciabile. A norma dell’art. 10 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, un periodo minimo di 4 settimane per ogni anno di servizio non può essere sostituito dalla relativa indennità, salvo il caso previsto al comma 8.
Le ferie hanno di regola carattere continuativo. Esse potranno essere frazionate in non più di due periodi all’anno, purché concordati tra le parti. La fruizione delle ferie, salvo il caso previsto al comma 8, deve aver luogo per almeno due settimane entro l’anno di maturazione e, per almeno ulteriori due settimane, entro i 18 mesi successivi all’anno di maturazione.
Durante il periodo di godimento delle ferie il lavoratore ha diritto per ciascuna giornata ad una retribuzione pari a 1/26 della retribuzione globale di fatto mensile.
Al lavoratore che usufruisca del vitto e dell’alloggio spetta per il periodo delle ferie, ove non usufruisca durante tale periodo di dette corresponsioni, il compenso sostitutivo convenzionale.
Nel caso di lavoratore di cittadinanza non italiana che abbia necessità di godere di un periodo di ferie più lungo, al fine di utilizzarlo per un rimpatrio non definitivo, su sua richiesta e con l’accordo del datore di lavoro, è possibile l’accumulo delle ferie nell’arco massimo di un biennio, anche in deroga a quanto previsto al comma 4.
In caso di licenziamento o di dimissioni, o se al momento d’inizio del godimento del periodo di ferie il lavoratore non abbia raggiunto un anno di servizio, spetteranno al lavoratore stesso tanti dodicesimi del periodo di ferie al quale ha diritto, quanti sono i mesi di effettivo servizio prestato.
Le ferie non possono essere godute durante il periodo di preavviso e di licenziamento, né durante il periodo di malattia o infortunio.
Il godimento delle ferie non interrompe la maturazione di tutti gli istituti contrattuali.
L’eventuale patologia contratta dal lavoratore durante il periodo feriale che determini il ricovero ospedaliero, laddove debitamente certificata, interrompe il godimento delle ferie per l’intera sua durata.
Chiarimento a verbale.
I lavoratori hanno diritto a un periodo di ferie annuali nella misura di 26 giorni lavorativi, fermo restando che la settimana lavorativa – quale che sia la distribuzione dell’orario di lavoro settimanale – è comunque considerata di sei giorni lavorativi dal lunedì al sabato agli effetti del computo delle ferie.
Art. 18 – Sospensioni di lavoro extra feriali
Durante le sospensioni del lavoro extra feriali, per esigenze del datore di lavoro, sarà corrisposta al lavoratore la retribuzione globale di fatto, ivi compreso, nel caso di lavoratore che usufruisca del vitto e dell’alloggio, il compenso sostitutivo convenzionale, sempreché lo stesso non usufruisca durante tale periodo di dette corresponsioni.
Per gravi e documentati motivi il lavoratore potrà richiedere un periodo di sospensione extra feriale senza maturazione di alcun elemento retributivo per un massimo di 12 mesi. Il datore di lavoro potrà, o meno, convenire con la richiesta.
Art. 19 – Permessi
I lavoratori hanno diritto a permessi individuali retribuiti per l’effettuazione di visite mediche documentate, per le incombenze legate al rinnovo del permesso di soggiorno e per le pratiche di ricongiungimento familiare, purché coincidenti anche parzialmente con l’orario di lavoro. I permessi spettano nelle quantità di seguito indicate:
lavoratori conviventi: 16 ore annue ridotte a 12 per i lavoratori di cui all’art. 14, comma 2;
lavoratori non conviventi con orario non inferiore alle 30 ore settimanali: 12 ore annue.
Per i lavoratori non conviventi con orario settimanale inferiore a 30 ore, le 12 ore saranno riproporzionate in ragione dell’orario di lavoro prestato.
I lavoratori potranno, inoltre, fruire di permessi non retribuiti su accordo tra le parti.
Il lavoratore colpito da comprovata disgrazia a familiari conviventi o parenti entro il 2° grado ha diritto a un permesso retribuito pari a 3 giorni lavorativi.
Al lavoratore padre spettano le giornate di permesso retribuito e di congedo facoltativo in caso di nascita di un figlio, nella misura prevista dalla normativa vigente.
Al lavoratore che ne faccia richiesta potranno essere comunque concessi, per giustificati motivi, permessi di breve durata non retribuiti.
In caso di permesso non retribuito, non è dovuta l’indennità sostitutiva del vitto e dell’alloggio.
Art. 20 – Permessi per formazione professionale
I lavoratori a tempo pieno e indeterminato, con anzianità di servizio presso il datore di lavoro di almeno 6 mesi, possono usufruire di un monte ore annuo di 40 ore di permesso retribuito per la frequenza di corsi di formazione professionale specifici per collaboratori o assistenti familiari.
Fermi i requisiti sopra indicati, per la frequenza di corsi di formazione finanziati o comunque riconosciuti dall’Ente bilaterale Ebincolf di cui all’ art. 48, il monte ore annuo dei permessi retribuiti ammonta a 64 ore.
Il monte ore annuo di cui al comma 1 potrà essere utilizzato anche per le eventuali attività formative previste dalla normativa e necessarie per il rinnovo dei titoli di soggiorno. In tale ottica i datori di lavoro favoriranno la frequenza, da parte dei lavoratori, a corsi di formazione specifici, gestiti da Enti pubblici ovvero organizzati o riconosciuti dagli Enti bilaterali, anche finalizzati al rinnovo dei titoli di soggiorno. L’utilizzo del monte ore per le finalità indicate al presente comma dovrà trovare riscontro in apposita documentazione, riportante anche gli orari delle attività formative esercitate.
E’ esclusa in ogni caso la possibilità di cumulo pluriennale dei permessi in questione che devono essere usufruiti nel periodo annuale di maturazione.
Art. 21 – Congedo per le donne vittime di violenza di genere
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 D.Lgs. 80/2015 e successive modificazioni ed integrazioni la lavoratrice inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.
Ai fini dell’esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuta a preavvisare il datore di lavoro con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l’indicazione dell’inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre la certificazione attestante l’inserimento nei percorsi di cui al precedente comma.
Il periodo di congedo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.
Durante il periodo di congedo, la lavoratrice, tranne quanto previsto dal comma 3, ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità è corrisposta direttamente dall’Inps, a seguito di domanda presentata all’Istituto dall’avente diritto, secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.
Il congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni secondo quanto concordato tra le parti. In caso di mancato accordo, la lavoratrice può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria, fermo restando che la fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.
Art. 22 – Assenze
Le assenze del lavoratore debbono essere in ogni caso tempestivamente giustificate al datore di lavoro. Per quelle derivanti da malattia si applica l’art. 27 e per quelle derivanti da infortunio o malattia professionale l’art. 29.
Le assenze non giustificate entro il quinto giorno, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento. A tal fine la relativa lettera di contestazione e quella di eventuale successivo licenziamento saranno inviate all’indirizzo indicato nella lettera di assunzione, così come previsto dall’art. 6, lettera e) del presente contratto.
Art. 23 – Diritto allo studio
Tenuto conto della funzionalità della vita familiare, il datore di lavoro favorirà la frequenza del lavoratore a corsi scolastici per il conseguimento del diploma di scuola dell’obbligo o di specifico titolo professionale; un attestato di frequenza deve essere esibito mensilmente al datore di lavoro.
Le ore di lavoro non prestate per tali motivi non sono retribuite, ma potranno essere recuperate a regime normale; le ore relative agli esami annuali, entro l’orario giornaliero, saranno retribuite nei limiti di quelle occorrenti agli esami stessi.
Art. 24 – Matrimonio
In caso di matrimonio spetta al lavoratore un congedo retribuito di 15 giorni di calendario.
Al lavoratore che usufruisca del vitto e dell’alloggio spetta, per il periodo del congedo, ove non usufruisca durante tale periodo di dette corresponsioni, il compenso sostitutivo convenzionale.
La retribuzione del congedo sarà corrisposta a presentazione della documentazione comprovante l’avvenuto matrimonio.
Il lavoratore potrà scegliere di fruire del congedo matrimoniale anche non in coincidenza con la data del matrimonio, purché entro il termine di un anno dalla stessa e sempreché il matrimonio sia contratto in costanza dello stesso rapporto di lavoro. La mancata fruizione del congedo a causa di dimissioni del lavoratore non determinerà alcun diritto alla relativa indennità sostitutiva.
Art. 25 – Tutela delle lavoratrici madri
Si applicano le norme di legge sulla tutela delle lavoratrici madri, con le limitazioni ivi indicate, salvo quanto previsto ai commi successivi.
È vietato adibire al lavoro le donne:
durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto, salvo eventuali anticipi o posticipi previsti dalla normativa di legge;
per il periodo eventualmente intercorrente tra tale data e quella effettiva del parto;
durante i 3 mesi dopo il parto, salvo i posticipi autorizzati.
Detti periodi devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla gratifica natalizia e alle ferie.
Dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in tale periodo sono inefficaci ed improduttive di effetti se non comunicate in forma scritta o se non intervenute nelle sedi di cui all’art. 2113, 4° comma, del codice civile. Le assenze non giustificate entro i cinque giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice.
In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, ai sensi del comma 3, la lavoratrice non è tenuta al preavviso.
Si applicano le norme di legge sulla tutela della paternità nonché sulle adozioni e sugli affidamenti preadottivi, con le limitazioni indicate.
Dichiarazione congiunta
Le Parti Sociali firmatarie del presente CCNL, al fine di estendere le tutele delle lavoratrici madri, promuoveranno ogni utile iniziativa nei confronti di enti, organi e istituzioni, tenuto conto delle particolari condizioni esistenti nell’ambito delle famiglie datrici di lavoro domestico.
Art. 26 – Tutela del lavoro minorile
Non è ammessa l’assunzione dei minori di anni 16.
E’ ammessa l’assunzione di adolescenti che abbiano adempiuto all’obbligo scolastico ai sensi della legge 17 ottobre 1967, n. 977, così come modificata e integrata dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345, purché sia compatibile con le esigenze particolari di tutela della salute e non comporti trasgressione dell’obbligo scolastico.
E’ vietato adibire i minori al lavoro notturno, tranne casi di forza maggiore.
Sono altresì da osservare le disposizioni dell’art. 4 della legge 2 aprile 1958, n. 339, secondo cui il datore di lavoro, che intenda assumere e fare convivere con la propria famiglia un lavoratore minorenne, deve farsi rilasciare una dichiarazione scritta di consenso, con sottoscrizione vidimata dal Sindaco del Comune di residenza del lavoratore, da parte di chi esercita la potestà genitoriale, cui verrà poi data preventiva comunicazione del licenziamento; il datore di lavoro è impegnato ad una particolare cura del minore, per lo sviluppo ed il rispetto della sua personalità fisica, morale e professionale.
Art. 27 – Malattia
In caso di malattia il lavoratore dovrà avvertire tempestivamente il datore di lavoro salvo cause di forza maggiore o obbiettivi impedimenti, entro l’orario contrattualmente previsto per l’inizio della prestazione lavorativa.
Il lavoratore dovrà successivamente far pervenite al datore di lavoro il relativo certificato medico, rilasciato entro il giorno successivo all’inizio della malattia. Il certificato, indicante la prognosi di inabilità al lavoro, deve essere consegnato o inviato mediante raccomandata al datore di lavoro entro due giorni dal relativo rilascio.
Per i lavoratori conviventi non è necessario l’invio del certificato medico, salvo che non sia espressamente richiesto dal datore di lavoro. Rimane l’obbligo della spedizione del certificato medico per i conviventi, qualora la malattia intervenga nel corso delle ferie o in periodi nei quali i lavoratori non siano presenti nell’abitazione del datore di lavoro.
In caso di malattia, al lavoratore, convivente o non convivente, spetta la conservazione del posto per i seguenti periodi:
per anzianità fino a 6 mesi, superato il periodo di prova, 10 giorni di calendario;
per anzianità da più di 6 mesi a 2 anni, 45 giorni di calendario;
per anzianità oltre i 2 anni, 180 giorni di calendario.
I periodi relativi alla conservazione del posto di lavoro si calcolano nell’anno solare, intendendosi per tale il periodo di 365 giorni decorrenti dall’evento.
I periodi di cui al comma 4 saranno aumentati del 50% in caso di malattia oncologica, documentata dalla competente ASL.
Durante i periodi indicati nei precedenti commi 4 e 6 decorre, in caso di malattia, la retribuzione globale di fatto per un massimo di 8, 10, 15 giorni complessivi nell’anno per le anzianità di cui alle lettere a), b) e c) dello stesso comma 4, nella seguente misura: – fino al 3° giorno consecutivo, il 50% della retribuzione globale di fatto;
– dal 4° giorno in poi, il 100% della retribuzione globale di fatto.
Restano salve le condizioni di miglior favore localmente in atto che si riferiscono alle norme di legge riguardanti i lavoratori conviventi.
L’aggiunta della quota convenzionale sostitutiva di vitto e alloggio, per il personale che ne usufruisca normalmente, è dovuta solo nel caso in cui il lavoratore ammalato non sia degente in ospedale o presso il domicilio del datore di lavoro.
La malattia in periodo di prova o di preavviso sospende la decorrenza degli stessi.
Art. 28 – Tutela delle condizioni di lavoro
Ogni lavoratore ha diritto ad un ambiente di lavoro sicuro e salubre, sulla base di quanto previsto dalla legislazione vigente, relativamente agli ambienti domestici. A tal fine il datore di lavoro sarà tenuto a garantire la presenza sull’impianto elettrico di un adeguato interruttore differenziale, cosiddetto salvavita.
Il datore di lavoro provvede ad informare il lavoratore circa eventuali rischi esistenti nell’ambiente di lavoro relativi anche all’uso delle attrezzature, ivi compresi gli strumenti telematici e robotici, e all’esposizione a particolari agenti chimici, fisici e biologici.
L’informativa si realizzerà all’atto dell’individuazione delle mansioni o del successivo mutamento delle stesse, mediante la consegna dell’apposito documento che verrà elaborato dall’Ente bilaterale di settore – Ebincolf.
E’ facoltà del datore di lavoro installare impianti audiovisivi all’interno dell’abitazione.
L’esistenza o l’installazione di detti impianti, devono essere preventivamente comunicate per iscritto al lavoratore e sono comunque vietate nell’alloggio riservato allo stesso ai sensi dell’art. 36, comma 2, nonché nei servizi igienici.
Le immagini e le informazioni raccolte a mezzo degli impianti audiovisivi, devono essere trattate nel rispetto della vigente disciplina sul trattamento dei dati personali.
Dichiarazione congiunta
Atteso che la violenza e le molestie anche sessuali nel luogo del lavoro domestico costituiscono un abuso e una violazione dei diritti umani, le Parti Sociali firmatarie del presente CCNL concordano di promuovere iniziative, anche tramite gli Enti bilaterali, al fine di prevenire e contrastare tali condotte inaccettabili e incompatibili con il rispetto della persona umana, siano esse rivolte nei confronti del lavoratore o nei confronti del datore di lavoro o suoi familiari, così come previsto dalla Convenzione OIL n. 190 del 2019 e dalla Raccomandazione OIL n. 206 del 2019.
Art. 29 – Infortunio sul lavoro e malattia professionale
In caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale, spetta al lavoratore, convivente o non convivente, la conservazione del posto per i seguenti periodi:
per anzianità fino a sei mesi, superato il periodo di prova, 10 giorni di calendario;
per anzianità da più di sei mesi a due anni, 45 giorni di calendario;
per anzianità oltre i due anni, 180 giorni di calendario.
I periodi relativi alla conservazione del posto di lavoro si calcolano nell’anno solare, intendendosi per tale il periodo di 365 giorni decorrenti dall’evento.
Al lavoratore, nel caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale, spettano le prestazioni previste dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni e integrazioni.
Le prestazioni vengono erogate dall’INAIL, al quale il datore di lavoro deve denunciare tutti gli infortuni o malattie professionali nei seguenti termini:
entro le 24 ore e telegraficamente per quelli mortali o presunti tali;
entro due giorni dalla ricezione del relativo certificato di infortunio o di malattia professionale, per gli eventi prognosticati non guaribili entro tre giorni;
entro due giorni dalla ricezione del relativo certificato di prosecuzione, per gli eventi inizialmente prognosticati guaribili entro tre giorni ma non guariti entro tale termine.
La denuncia all’INAIL deve essere redatta su apposito modello predisposto da parte di detto istituto e corredata dal certificato medico. Altra denuncia deve essere rimessa entro gli stessi termini all’autorità di Pubblica Sicurezza nei casi di legge.
Il datore di lavoro deve corrispondere la retribuzione globale di fatto per i primi tre giorni di assenza per infortunio o malattia professionale.
L’aggiunta della quota convenzionale sostitutiva di vitto e alloggio, per il personale che ne usufruisca normalmente, è dovuta solo nel caso in cui il lavoratore non sia degente in ospedale o presso il domicilio del datore di lavoro.
L’ infortunio e la malattia professionale in periodo di prova o di preavviso sospendono la decorrenza degli stessi.
Art. 30 – Tutele previdenziali
Il lavoratore deve essere assoggettato alle forme assicurative e previdenziali previste dalla legge, sia nel caso di rapporto in regime di convivenza che di non convivenza.
In caso di pluralità di rapporti in capo allo stesso lavoratore le forme assicurative e previdenziali devono essere applicate da ciascun datore di lavoro.
E’ nullo ogni patto contrario.
Art. 31 – Servizio militare e richiamo alle armi
Si fa riferimento alle leggi che disciplinano la materia.
Art. 32 – Trasferimenti
In caso di trasferimento in altro comune, il lavoratore deve essere preavvisato, per iscritto, almeno 15 giorni prima.
Al lavoratore trasferito deve essere corrisposta, per i primi 15 giorni di assegnazione alla nuova sede di lavoro, una diaria pari al 20% della retribuzione globale di fatto afferente tale periodo.
Al lavoratore trasferito sarà inoltre corrisposto il rimborso delle spese di viaggio e trasporto per sé ed i propri effetti personali, ove alle stesse non provveda direttamente il datore di lavoro.
Il lavoratore che non accetta il trasferimento ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, ove non sia stato rispettato il termine di cui al comma 1.
Art. 33 – Trasferte
Il lavoratore convivente di cui all’art.14, comma 1, è tenuto, ove richiesto dal datore di lavoro, a recarsi in trasferta, ovvero a seguire il datore di lavoro o la persona alla cui cura egli è addetto, in soggiorni temporanei in altro comune e/o in residenze secondarie. In tali località il lavoratore fruirà dei riposi settimanali.
Nei casi di trasferta indicati al comma 1, saranno rimborsate al lavoratore le eventuali spese di viaggio che egli abbia direttamente sostenuto in tali occasioni. Sarà inoltre corrisposta al lavoratore una diaria giornaliera, pari al 20% della retribuzione minima tabellare giornaliera, di cui alla tabella A, per tutti i giorni nei quali egli sia stato in trasferta ovvero si sia recato in soggiorni temporanei, come indicato al comma 1, salvo il caso in cui il relativo obbligo fosse stato contrattualmente previsto nella lettera di assunzione.
Art. 34 – Retribuzione e prospetto paga
Il datore di lavoro, contestualmente alla corresponsione periodica della retribuzione, deve predisporre un prospetto paga in duplice copia, una per il lavoratore, firmata dal datore di lavoro, e l’altra per il datore di lavoro, firmata dal lavoratore.
La retribuzione del lavoratore è composta dalle seguenti voci:
retribuzione minima contrattuale di cui all’art. 35, comprensiva per i livelli D) e D super) di uno specifico elemento denominata indennità di funzione;
eventuali scatti di anzianità di cui all’art. 37;
eventuale compenso sostitutivo di vitto e alloggio;
eventuale superminimo.
Sino al compimento del sesto anno di età di ciascun bambino assistito, l’assistente familiare inquadrata nel profilo B Super), lett. b) (baby sitter) avrà diritto a percepire, oltre al minimo retributivo di cui all’art. 35, anche l’indennità mensile di cui alla successiva Tabella H). Tale indennità è assorbibile da eventuali superminimi individuali di miglior favore percepiti dal lavoratore.
Al lavoratore inquadrato nel livello C Super) o D Super) addetto all’assistenza di più di una persona non autosufficiente, è altresì dovuta l’indennità mensile nella misura di cui alla Tabella I). Tale indennità è assorbibile da eventuali superminimi individuali di miglior favore percepiti dal lavoratore.
Nel prospetto paga dovrà risultare se l’eventuale trattamento retributivo di cui alla lettera d) del comma 2 sia una condizione di miglior favore ‘ad personam’ non assorbibile; dovranno altresì risultare, oltre alle voci di cui al comma 2, i compensi per le ore straordinarie prestate e per festività nonché le trattenute per oneri previdenziali.
Il datore di lavoro deve rilasciare un’attestazione dalla quale risulti l’ammontare complessivo delle somme erogate nell’anno; l’attestazione deve essere rilasciata almeno 30 giorni prima della scadenza dei termini di presentazione della dichiarazione dei redditi, ovvero in occasione della cessazione del rapporto di lavoro.
Al lavoratore inquadrato nei livelli B), B super), C super) e D super) in possesso della certificazione di qualità di cui alla norma tecnica UNI 11766:2019 in corso di validità, è dovuta l’indennità mensile di cui alla Tabella L). Tale indennità è assorbibile da eventuali trattamenti retributivi di miglior favore complessivamente percepiti dal lavoratore.
Per i lavoratori conviventi inquadrati nel profilo D super) tale indennità è assorbita da quella di funzione di cui alla Tabella A).
Nota a verbale
Allo scadere della validità della certificazione di qualità di cui alla norma tecnica UNI 11766:2019 l’indennità di cui alla Tabella L) non sarà più dovuta. Ai fini del diritto a detta indennità, è onere del lavoratore consegnare al datore di lavoro copia della certificazione di qualità, eventualmente anche laddove fosse conseguita in corso di rapporto di lavoro.
Tale indennità sarà dovuta decorsi 12 mesi dalla data di decorrenza del presente contratto.
Art. 35 – Minimi retributivi
I minimi retributivi sono fissati nelle tabelle A, B, C, D, E, G, H, I ed L allegate al presente contratto e sono rivalutati annualmente ai sensi del successivo art. 38.
Art. 36 – Vitto e alloggio
Il vitto dovuto al lavoratore deve assicurargli una alimentazione sana e sufficiente; l’ambiente di lavoro non deve essere nocivo all’integrità fisica e morale dello stesso.
Il datore di lavoro deve fornire al lavoratore convivente un alloggio idoneo a salvaguardarne la dignità e la riservatezza.
I valori convenzionali del vitto e dell’alloggio sono fissati nella tabella F allegata al presente contratto e sono rivalutati annualmente ai sensi del successivo art. 38.
Art. 37 – Scatti di anzianità
A decorrere dal 22 maggio 1972 spetta al lavoratore, per ogni biennio di servizio presso lo stesso datore di lavoro, un aumento del 4% sulla retribuzione minima contrattuale.
A partire dal 1° agosto 1992 gli scatti non sono assorbibili dall’eventuale superminimo.
Il numero massimo degli scatti è fissato in 7.
Nota a verbale
Il primo scatto di anzianità matura dal mese successivo al compimento di ogni biennio di servizio.
Art. 38 – Variazione periodica dei minimi retributivi e dei valori convenzionali del vitto e dell’alloggio
Le retribuzioni minime contrattuali e i valori convenzionali del vitto e dell’alloggio, determinati dal presente contratto, sono variati, da parte della Commissione Nazionale per l’aggiornamento retributivo di cui all’art. 45, secondo le variazioni del costo della vita per le famiglie di impiegati ed operai rilevate dall’ ISTAT al 30 novembre di ogni anno.
La Commissione verrà a tal fine convocata dal Ministero del Lavoro e Previdenza sociale, entro e non oltre il 20 dicembre di ciascun anno, in prima convocazione, e, nelle eventuali successive convocazioni, ogni 15 giorni. Dopo la terza convocazione, in caso di mancato accordo o di assenza delle parti, il Ministero del Lavoro e Previdenza sociale è delegato dalle Organizzazioni ed Associazioni stipulanti a determinare la variazione periodica della retribuzione minima, secondo quanto stabilito al comma 1, in misura pari all’80% della variazione del costo della vita per le famiglie di impiegati ed operai rilevate dall’ ISTAT per quanto concerne le retribuzioni minime contrattuali e in misura pari al 100% per i valori convenzionali del vitto e dell’alloggio.
Le retribuzioni minime contrattuali ed i valori convenzionali del vitto e dell’alloggio, determinati ai sensi dei commi precedenti, hanno decorrenza dal 1° gennaio di ciascun anno, se non diversamente stabilito dalle Parti.
Art. 39 – Tredicesima mensilità
In occasione del Natale, e comunque entro il mese di dicembre, spetta al lavoratore una mensilità aggiuntiva, pari alla retribuzione globale di fatto, in essa compresa l’indennità sostitutiva di vitto e alloggio, così come chiarito nelle note a verbale apposte in calce al presente contratto.
Per coloro le cui prestazioni non raggiungano un anno di servizio, saranno corrisposti tanti dodicesimi di detta mensilità quanti sono i mesi del rapporto di lavoro.
La tredicesima mensilità matura anche durante le assenze per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità, nei limiti del periodo di conservazione del posto e per la parte non liquidata dagli enti preposti.
Art. 40 – Risoluzione del rapporto di lavoro e preavviso
Il rapporto di lavoro può essere risolto da ciascuna delle parti con l’osservanza dei seguenti termini di preavviso:
per i rapporti non inferiori a 25 ore settimanali:
fino a 5 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro: 15 giorni di calendario;
oltre i 5 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro: 30 giorni di calendario. I suddetti termini saranno ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
per i rapporti inferiori alle 25 ore settimanali:
fino a 2 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro: 8 giorni di calendario;
oltre i 2 anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro: 15 giorni di calendario.
I termini di preavviso di cui al comma precedente saranno raddoppiati nell’eventualità in cui il datore di lavoro intimi il licenziamento prima del trentunesimo giorno successivo al termine del congedo per maternità.
Per i portieri privati, custodi di villa ed altri dipendenti che usufruiscono con la famiglia di alloggio indipendente di proprietà del datore di lavoro, e/o messo a disposizione dal medesimo, il preavviso è di:
30 giorni di calendario, sino ad un anno di anzianità,
60 giorni di calendario per anzianità superiore.
Alla scadenza del preavviso, l’alloggio dovrà essere rilasciato, libero da persone e da cose non di proprietà del datore di lavoro.
In caso di mancato o insufficiente preavviso, è dovuta dalla parte recedente un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso non concesso.
Possono dare luogo al licenziamento senza preavviso mancanze così gravi da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro. Il licenziamento non esclude le eventuali responsabilità nelle quali possa essere incorso il lavoratore.
Al lavoratore che si dimette per giusta causa compete l’indennità di mancato preavviso.
In caso di morte del datore di lavoro il rapporto può essere risolto con il rispetto dei termini di preavviso indicati nel presente articolo.
I familiari coabitanti, i coniugi, le persone unite da unione civile o da stabile convivenza di fatto ai sensi della L. n. 76/2016 e successive modificazioni ed integrazioni, il cui stato familiare sia certificato da registrazione storico anagrafica, sono obbligati in solido per i crediti
di lavoro maturati dal prestatore di lavoro. In ogni caso il soggetto obbligato in solido risponde solo entro i limiti della durata temporale risultante dalla suddetta registrazione storico anagrafica.
Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato mediante intimazione del licenziamento, il datore di lavoro, su richiesta scritta del lavoratore, sarà tenuto a fornire una dichiarazione scritta che attesti l’avvenuto licenziamento.
Art. 41 – Trattamento di fine rapporto (T.F.R.)
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto a un trattamento di fine rapporto (T.F.R.) determinato, a norma della legge 29 maggio 1982, n. 297, sull’ammontare delle retribuzioni percepite nell’anno, comprensive del valore convenzionale di vitto e alloggio: il totale è diviso per 13,5. Le quote annue accantonate sono incrementate a norma dell’art. 1, comma 4, della citata legge, dell’1,5% annuo, mensilmente riproporzionato, e del 75% dell’aumento del costo della vita, accertato dall’ISTAT, con esclusione della quota maturata nell’anno in corso.
I datori di lavoro anticiperanno, a richiesta del lavoratore e per non più di una volta all’anno, il T.F.R. nella misura massima del 70% di quanto maturato.
L’ammontare del T.F.R. maturato annualmente dal 29 maggio 1982 al 31 dicembre 1989 va riproporzionato in ragione di 20/26 per i lavoratori allora inquadrati nella seconda e terza categoria.
Per i periodi di servizio antecedenti il 29 maggio 1982 l’indennità di anzianità è determinata nelle seguenti misure:
Per il rapporto di lavoro in regime di convivenza, o di non convivenza con orario settimanale superiore alle 24 ore:
1) per l’anzianità maturata anteriormente al 1° maggio 1958:
al personale già considerato impiegato: 15 giorni per anno per ogni anno d’anzianità;
al personale già considerato operaio: 8 giorni per ogni anno d’anzianità; 2)per l’anzianità maturata dopo il 1° maggio 1958 e fino al 21 maggio 1974:
al personale già considerato impiegato: 1 mese per ogni anno d’anzianità;
al personale già considerato operaio: 15 giorni per ogni anno d’anzianità; 3)per l’anzianità maturata dal 22 maggio 1974 al 28 maggio 1982:
al personale già considerato impiegato: 1 mese per ogni anno d’anzianità
al personale già considerato operaio: 20 giorni per ogni anno d’anzianità. B.Per il rapporto di lavoro di meno di 24 ore settimanali:
per l’anzianità maturata anteriormente al 22 maggio 1974: 8 giorni per ogni anno d’anzianità;
per l’anzianità maturata dal 22 maggio 1974 al 31 dicembre 1978: 10 giorni per ogni anno d’anzianità;
per l’anzianità maturata dal 1° gennaio 1979 al 31 dicembre 1979: 15 giorni per ogni anno d’anzianità;
per l’anzianità maturata dal 1° gennaio 1980 al 29 maggio 1982: 20 giorni per ogni anno d’anzianità.
Le indennità, determinate come sopra, sono calcolate sulla base dell’ultima retribuzione e accantonate nel T.F.R.
Ai fini del computo di cui al comma 4, il valore della giornata lavorativa si ottiene dividendo per 6 l’importo della retribuzione media settimanale o per 26 l’importo della retribuzione media mensile in atto alla data del 29 maggio 1982. Tali importi devono essere maggiorati del rateo di gratifica natalizia o tredicesima mensilità.
Art. 42 – Indennità in caso di morte
In caso di morte del lavoratore, le indennità di preavviso ed il T.F.R. devono corrispondersi al coniuge, ai figli o, se vivevano a carico del lavoratore, ai parenti entro il 3° grado e agli affini entro il 2° grado.
La ripartizione delle indennità e del T.F.R., se non vi è accordo fra gli aventi diritto, deve farsi secondo le norme di legge.
In mancanza dei superstiti sopra indicati, le indennità sono attribuite secondo le norme della successione testamentaria e legittima.
Art. 43 – Permessi sindacali
I componenti degli organismi direttivi territoriali e nazionali delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente contratto, la cui carica risulti da apposita attestazione dell’Organizzazione Sindacale di appartenenza, rilasciata all’atto della nomina, da presentare al datore di lavoro, hanno diritto a permessi retribuiti per la partecipazione documentata alle riunioni degli organismi suddetti, nella misura di 6 giorni lavorativi nell’anno.
I lavoratori che intendano esercitare tale diritto devono darne comunicazione al datore di lavoro di norma 3 giorni prima, presentando la richiesta di permesso rilasciata dalle Organizzazioni Sindacali di appartenenza.
Art. 44 – Interpretazione del Contratto
Le controversie individuali e collettive che dovessero insorgere in relazione al rapporto di lavoro, riguardanti l’interpretazione autentica delle norme del presente contratto, possono essere demandate alla Commissione Paritetica Nazionale di cui all’art. 46.
La Commissione si pronuncerà entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta.
Art. 45 – Commissione Nazionale per l’aggiornamento retributivo
È costituita una Commissione Nazionale presso il Ministero del Lavoro e Previdenza sociale, composta dai rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori e delle Associazioni dei datori di lavoro stipulanti il presente contratto.
Ciascuna organizzazione sindacale dei lavoratori e ciascuna associazione dei datori di lavoro designa il proprio rappresentante nella Commissione, la quale delibera all’unanimità.
La Commissione Nazionale ha le funzioni di cui agli artt. 35, 36 e 38.
Art. 46 – Commissione Paritetica Nazionale
Presso l’Ente bilaterale di cui all’ art. 48 è costituita una Commissione Paritetica Nazionale, composta da un rappresentante per ciascuna delle OO.SS dei lavoratori e da uguale numero di rappresentanti delle Associazioni dei datori di lavoro, stipulanti il presente contratto.
Alla Commissione sono attribuiti i seguenti compiti, oltre a quello indicato all’art. 44:
esprimere pareri e formulare proposte per quanto si riferisce all’applicazione del presente contratto di lavoro e per il funzionamento delle Commissioni territoriali di conciliazione;
esaminare le istanze delle Parti per la eventuale identificazione di nuove figure professionali;
esperire il tentativo di conciliazione per le controversie insorte tra le Associazioni territoriali dei datori di lavoro e le OO.SS territoriali dei lavoratori, facenti capo alle Associazioni ed Organizzazioni Nazionali, stipulanti il presente contratto.
La Commissione Nazionale sarà convocata ogni qualvolta se ne ravvisi l’opportunità o quando ne faccia richiesta scritta e motivata una delle Parti stipulanti il presente contratto.
Le Parti si impegnano a riunire la Commissione almeno 2 volte all’anno, in concomitanza con le riunioni della Commissione di cui all’art. 45.
Art. 47 – Commissioni territoriali di conciliazione
Per tutte le vertenze individuali di lavoro relative all’applicazione del presente contratto, le parti potranno esperire, prima dell’azione giudiziaria, il tentativo di conciliazione, di cui all’articolo 410 e seguenti del Cod. Proc. Civ., presso una sede delle Associazioni territoriali dei datori di lavoro o delle OO.SS. territoriali dei lavoratori facenti capo alle Associazioni e Organizzazioni Nazionali stipulanti il presente contratto.
Il lavoratore deve essere assistito dal rappresentante di una Organizzazione sindacale dei lavoratori firmataria del presente contratto. In caso di assenza del rappresentante di un’Associazione datoriale, nel verbale di conciliazione deve essere esplicitato che il datore di lavoro è stato informato della possibilità di essere assistito da un’Associazione datoriale e che vi abbia espressamente rinunciato.
La conciliazione, che produce fra le parti gli effetti di cui all’art. 2113, 4° comma, codice civile, dovrà risultare da apposito verbale.
Art. 48 – Ente bilaterale Ebincolf
L’Ente bilaterale è un organismo paritetico così composto: per il 50% da FIDALDO (attualmente costituita come indicato in epigrafe) e DOMINA, e per l’altro 50%, da FilcamsCGIL, Fisascat-CISL, UILTuCS e Federcolf.
L’Ente bilaterale nazionale ha le seguenti funzioni:
istituisce l’osservatorio che ha il compito di effettuare analisi e studi, al fine di cogliere gli aspetti peculiari delle diverse realtà presenti nel nostro Paese. A tal fine, l’osservatorio dovrà rilevare:
la situazione occupazionale della categoria;
le retribuzioni medie di fatto;
il livello di applicazione del CCNL nei territori;
il grado di uniformità sull’applicazione del CCNL e delle normative di legge ai lavoratori immigrati;
la situazione previdenziale e assistenziale della categoria;
i fabbisogni formativi;
le analisi e le proposte in materia di sicurezza;
promuove ai vari livelli iniziative in materia di formazione, qualificazione professionale e certificazione delle competenze, anche in collaborazione con le Regioni e gli altri Enti competenti, nonché di informazione in materia di sicurezza.
Art. 49 – Contrattazione di secondo livello
La contrattazione di secondo livello fra le OO.SS. e le Associazioni datoriali firmatarie del presente CCNL potrà riferirsi, di norma, ad ambito regionale ovvero provinciale per le province autonome di Trento e Bolzano.
In deroga a quanto sopra previsto, l’ambito territoriale della contrattazione di secondo livello potrà riferirsi anche alle città metropolitane.
La contrattazione di cui al precedente comma avrà luogo presso l’Ebincolf, con la presenza e l’accordo di tutti i soggetti firmatari il presente CCNL.
Essa riguarderà esclusivamente le seguenti materie:
indennità di vitto e alloggio;
ore di permesso per studio e/o formazione professionale.
Gli accordi stipulati a norma del presente articolo resteranno depositati, ai fini della loro efficacia, presso l’Ente bilaterale Ebincolf.
Art. 50- Cas.sa.Colf
sa.Colf è un organismo paritetico composto per il 50% da FIDALDO e DOMINA, e per l’altro 50% da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, UILTuCS e Federcolf.
La Cas.sa.Colf ha lo scopo di fornire prestazioni e servizi a favore dei lavoratori e datori di lavoro, comprensivi di trattamenti assistenziali sanitari e assicurativi, integrativi e aggiuntivi delle prestazioni pubbliche.
Art. 51 – Fondo Colf
Il Fondo Colf è un organismo paritetico composto per il 50% da FIDALDO e DOMINA, e per l’altro 50% da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, UILTuCS e Federcolf.
Il suo scopo istituzionale è quello di ricevere il contributo versato ai sensi del successivo art. 53 e destinarlo per il funzionamento degli strumenti contrattuali di cui ai precedenti articoli 45 e seguenti.
Art. 52 – Previdenza complementare
Le Parti concordano di istituire una forma di previdenza complementare per i lavoratori del settore, con modalità da concordare entro tre mesi dalla stipula del presente contratto.
Per la pratica realizzazione di quanto previsto al precedente comma le Parti convengono che il contributo a carico del datore di lavoro sia pari allo 1 per cento della retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto e il contributo a carico del lavoratore sia pari allo 0,55 per cento della retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Art.53 – Contributi di assistenza contrattuale
Per la pratica realizzazione di quanto previsto negli artt. 44, 45, 46, 47, 48, 50 e 51 del presente contratto e per il funzionamento degli organismi paritetici al servizio dei lavoratori e dei datori di lavoro, le Organizzazioni e Associazioni stipulanti procederanno alla riscossione di contributi di assistenza contrattuale per il tramite di un Istituto previdenziale o assistenziale, ai sensi della legge 4 giugno 1973, n. 311, con esazione a mezzo degli strumenti previsti dalla normativa per il versamento dei contributi previdenziali obbligatori o con la diversa modalità concordata tra le Parti.
I contributi di cui al comma 1 sono obbligatori. Sono tenuti al loro versamento tanto i datori di lavoro che i rispettivi dipendenti, nella misura oraria di euro 0,06 dei quali 0,02 a carico del lavoratore.
Le Parti si danno atto che nelle valutazioni per la definizione del costo per il rinnovo contrattuale si è tenuto conto dell’incidenza dei contributi di cui al presente articolo, i quali, conseguentemente, per la quota a carico del datore di lavoro, hanno natura retributiva, con decorrenza dal 1° luglio 2007.
Art. 54 – Decorrenza e durata
Il presente contratto decorre dal 1° ottobre 2020 e scadrà il 31 dicembre 2022 esso resterà in vigore sino a che non sia stato sostituito dal successivo.
In caso di mancata disdetta di una delle parti, da comunicarsi almeno 3 mesi prima della data di scadenza a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, il contratto s’intenderà tacitamente rinnovato per un triennio.
Le Parti si riuniranno alla scadenza del 1° biennio di vigenza del presente contratto per verificare l’opportunità di apportarvi modifiche.
Chiarimenti a verbale.
Il calcolo della retribuzione giornaliera si ottiene determinando 1/26 della retribuzione mensile. Esempio: paga oraria per numero di ore lavorate nella settimana per 52:12:26=1/26 della retribuzione mensile.
Quando nel contratto viene usata l’espressione “giorni di calendario” si considerano i trentesimi della mensilità (esempio: malattia).
Quando nel contratto viene usata l’espressione “giorni lavorativi” si considerano i ventiseiesimi della mensilità (esempio: ferie).
Le frazioni di anno si computano a mesi interi e le frazioni di mese, quando raggiungono o superano i 15 giorni di calendario, si computano a mese intero.
Per “retribuzione globale di fatto” s’intende quella comprensiva di tutte le indennità di cui alle tabelle allegate, ivi incluse le indennità di vitto e alloggio.
le Parti Sociali concordano l’aggiornamento degli attuali minimi retributivi in misura di euro 12,00 con decorrenza dal 1° gennaio 2021 per i lavoratori conviventi inquadrati nel livello BS della tabella A), ed in misura proporzionale per gli altri livelli/tabelle. L’aggiornamento retributivo di cui all’articolo 38 del presente CCNL verrà effettuato sui minimi retributivi comprensivi degli aumenti pattuiti, come da accordo.
I contributi di assistenza contrattuale nella misura prevista dall’art. 53, comma 2, sono dovuti a far data dal 01/01/2021; fermo restando che fino a tale data i contributi sono dovuti nella misura prevista dal previgente CCNL del 01/07/2013.
L’ASSISTENZA DI BASE AL DOMICILIO DELLE PERSONE ANZIANE, AMMALATE E DISABILI
Vediamo ora cosa è necessario fare e come bisogna comportarsi quando si svolge un’attività di assistenza domiciliare alle persone fragili.
Si sta parlando del comportamento che dovrebbero assumere tutti gli operatori, qualificati o non qualificati, che assistono al domicilio Anziani, Malati e Disabili che hanno bisogno di un aiuto nello svolgimento delle loro attività giornaliere come lavarsi, mangiare, usare il bagno, muoversi ecc.
Prima di recarsi al lavoro verificare il proprio stato di salute e misurarsi la temperatura: se si presentano sintomi influenzali oppure la temperatura è superiore a 37,5° è vietato recarsi al lavoro. In questo caso restare in casa, avvisare il proprio Committente e chiamare il proprio medico di famiglia o l’autorità locale sanitaria – il numero di telefono Nazionale 1500 – ma ogni Regione ha messo a disposizione dei cittadini altri numeri che è possibile contattare.
Se le proprie condizioni di salute sono adeguate e non si presentano né febbre superiore a 37,5° né sintomi influenzali, si può andare al lavoro adottando però tutte le precauzioni possibili e funzionali alla prevenzione del contagio da Coronavirus.
E’ necessario tenere presente che, pur senza saperlo, potremmo essere noi stessi gli infettati e che oltre a proteggere noi stessi, abbiamo il dovere di proteggere le Persone assistite.
Come sappiamo infatti, sono proprio gli Assistiti ad essere i più deboli e più vulnerabili.
Prima di uscire di casa quindi, è necessario praticare una doccia e indossare indumenti puliti che, comunque avremo cura di lavare subito dopo il servizio.
Ci si deve recare al lavoro senza monili (come anelli, bracciali, orologi, collane ecc..), unghie corte e senza smalto, privi di ogni tipo di trucco viso, labbra, occhi.
Il servizio deve essere svolto indossando tutti i DPI indispensabili in questo momento e, pertanto, è importante organizzarsi bene ed essere certi di avere tutto ciò che serve prima di uscire di casa.
Preparare quindi un borsone con dentro tutto l’occorrente che vedremo elencato sotto.
Rispetto alle procedure di vestizione e preparazione al servizio, il consiglio è quello di prepararsi fuori dall’abitazione dell’assistito ( ad esempio giardino, pianerottolo, o appena fuori dalla porta).
Questo perché in assistenza domiciliare non è quasi mai possibile avere a disposizione uno spazio pulito e non contaminato, dove si può, appunto, procedere con la “vestizione e preparazione”.
COSA PREPARARE E COME PREPARARSI PER ANDARE AD EROGARE L’ASSISTENZA
Come si è detto, prima di entrare in casa dell’Assistito è necessario, anzitutto, seguire una rigorosa procedura di vestizione e preparazione al fine di proteggere se stessi e gli altri da un possibile contagio da coronavirus. Il tempo che serve per prepararsi al servizio è di circa 5/ 10 minuti.
Nel borsone che abbiamo portato con noi dovremo avere:
un camice monouso
mascherina protettiva (vedi allegato sui tipi di mascherine utilizzabili)
diverse paia di guanti monouso (ne serviranno circa 20)
occhiali protettivi o visiera (lavabili)
cuffia per capelli monouso
calzari monouso (copri-scarpe monouso)
gel mani disinfettante o gel idroalcolico
sacchetti per l’immondizia
un flacone spray precedentemente preparato contenente ¾ di candeggina e ¼ di acqua (per un flacone da 1 litro utilizzare 750 ml di candeggina e 250 ml di acqua)
un rotolo di carta tipo “scottex”
Per la preparazione, seguire nell’ordine le seguenti manovre:
lavarsi accuratamente le mani con gel idroalcolico
indossare il primo paio di guanti monouso
indossare il camice monouso allacciandolo correttamente sul retro
indossare la cuffia per capelli monouso avendo cura di non lasciare fuori i capelli (nemmeno il ciuffo perché sta meglio)
indossare gli occhiali protettivi o visiera
indossare la mascherina avendo cura di seguire attentamente le istruzioni d’uso riportate sulla confezione di imballaggio
indossare calzari (copri-scarpe monouso)
indossare un secondo paio di guanti (sopra a quelli già indossati e quindi i guanti saranno doppi)
DURANTE IL SERVIZIO
appena entrati nella stanza o nell’appartamento della persona da Assistere, arieggiare per almeno 15 minuti tutte le stanze, avendo cura di coprire bene l’Assistito, in modo da evitargli correnti d’aria
promuovere l’igiene personale dell’Assistito, anche con il cambio quotidiano di tutti gli indumenti ma, soprattutto, curando il lavaggio delle mani che deve avvenire il più spesso possibile, con acqua e sapone
pulire e disinfettare tutte le superfici utilizzate per lo svolgimento del servizio.Per l’igiene delle superfici come tavoli, piani di appoggio, mobili, maniglie, pavimenti ecc.. si dovranno utilizzare prodotti a base di ipoclorito di sodio (candeggina) seguendo attentamente le istruzioni d’uso indicate sui flaconi. Se si utilizza candeggina pura, lasciarla agire almeno 30 secondi prima di risciacquarla
se il servizio si protrae per diverse ore, arieggiare le stanza almeno ogni ora, avendo cura di coprire bene l’Assistito, in modo da evitargli correnti d’aria
cambiare il più spesso possibile asciugamani, lenzuola e tovagliatoe lavarli in lavatrice a 90 gradi oppure a temperature non inferiori a 60 gradi ma con l’aggiunta di uno specifico disinfettante per biancheria (tipo napisan)
durante il servizio cambiare il secondo paio di guanti ogni volta in cui ci si appresta a svolgere una nuova attività(ad esempio quando, dopo l’igiene della persona, dobbiamo preparargli la colazione o un pasto). Fra un cambio di guanti e l’altro lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone. Il primo paio di guanti è come la nostra seconda pelle e non dovrebbe mai essere tolto per tutto il tempo del servizio
COSA FARE AL TERMINE DEL SERVIZIO DI ASSISTENZA
Al termine del servizio è necessario togliersi tutti i DPI utilizzati all’interno dell’abitazione dell’Assistito, al fine di “non portare fuori dalla casa eventuali contaminazioni”.
Il processo di svestizione e uscita dal domicilio dell’Assistito è molto importante per evitare la contaminazione. Esso è piuttosto lungo e necessita di circa 30 minuti di tempo. E’ importantissimo svolgerlo correttamente, seguendo tutti i passaggi consigliati.
Nota bene: per chiarezza, si specifica che tutte le volte in cui sarà necessario lavarsi le mani, il lavaggio stesso avverrà indossando i guanti che sono rimasti a contatto con la pelle. In parole povere, laviamo i guanti e non la pelle delle mani. Questo è necessario per garantire all’Operatore la massima tutela rispetto alla contaminazione da coronavirus.
Le manovre di svestizione dovranno avvenire seguendo nell’ordine le seguenti fasi:
togliere il secondo paio di guanti da entrambe le mani, afferrando dall’esterno il primo guanto e dall’interno il secondo guanto. Lavare accuratamente le mani con gel idroalcolico mantenendo indossato il primo paio di guanti. Alla fine del lavaggio, mettere un nuovo paio di guanti sopra al primo
preparare tre sacchetti per l’immondizia: uno lo utilizzeremo doppio (cioè un sacchetto dentro l’altro per avere un doppio strato) per riporre gli oggetti monouso che togliamo per primi. Un sacchetto invece servirà per riporre e smaltire le ultime cose che toglieremo quando usciamo da casa
togliere il sovra-camice e riporlo nel doppio sacchetto per l’immondizia
togliere il secondo paio di guanti da entrambe le mani, afferrando dall’esterno il primo guanto e dall’interno il secondo guanto. Lavare accuratamente le mani con gel idroalcolico mantenendo indossato il primo paio di guanti. Alla fine del lavaggio, mettere un nuovo paio di guanti sopra al primo
con una mano rimuovere la visiera protettiva (o gli occhiali) tirandola verso l’alto, toccandola il meno possibile e riporla in una bacinella
con la seconda mano (cioè quella con il guanto pulito) spruzzare sulla visiera o occhiali abbondante soluzione di candeggina e acqua che abbiamo portato da casa. La visiera o occhiali dovranno restare a contatto con la soluzione almeno 15 minuti
togliere il secondo paio di guanti da entrambe le mani, afferrando dall’esterno il primo guanto e dall’interno il secondo guanto. Lavare accuratamente le mani con gel idroalcolico mantenendo indossato il primo paio di guanti. Alla fine del lavaggio, mettere un nuovo paio di guanti sopra al primo
rimuover e la mascherina tirandola dal basso verso l’altro e, nello stesso tempo, cioè mentre si toglie la mascherina, rimuovere anche la cuffia monouso afferrandola dalla parte esterna. Smaltire entrambe nel sacchetto doppio dei rifiuti
rimuovere il secondo paio di guanti afferrando dall’esterno il primo guanto e dall’interno il secondo guanto e riporli nel sacchetto per l’immondizia per il loro smaltimento. Lavare accuratamente le mani con gel idroalcolico e mettere un nuovo paio di guanti in entrambe le mani
risciacquare gli occhiali o visiera e asciugarli con la carta che abbiamo portato da casa
rimuovere il secondo paio di guanti afferrando dall’esterno il primo guanto e dall’interno il secondo guanto e riporli nel sacchetto per l’immondizia per il loro smaltimento. Ora si manterrà solo il primo paio di guanti, cioè quelli a contatto con la pelle. Lavare accuratamente le mani con gel idroalcolico
riporre gli occhiali o visiera nel nostro borsone, gettare la carta nel sacchetto doppio per l’immondizia e chiudere accuratamente il sacchetto stesso. Questo sacchetto dovrà essere depositato nel cassonetto dell’indifferenziata, ma senza caricarlo in auto e senza portarlo sui mezzi pubblici
lavare accuratamente le mani con gel idroalcolico
uscire di casa chiudendo la porta indossando ancora i guanti
togliere subito i calzari e riporli nel secondo sacchetto per l’immondizia, per il loro smaltimento
rimuovere i guanti afferrando dall’esterno il primo guanto e dall’interno il secondo guanto e metterli nel secondo sacchetto per l’immondizia, per il loro smaltimento. Chiuderlo bene il sacchetto
prendere dal borsone il flacone con acqua e candeggina e spruzzare un po’ di prodotto sotto alle scarpe
lavarsi accuratamente le mani con gel idroalcolico
recarsi al più vicino cassonetto dell’indifferenziata e gettare tutto il materiale da smaltire
lavarsi accuratamente le mani con gel idroalcolico
ULTERIORI RACCOMANDAZIONI SULL’USO CORRETTO DEI DISPOSITIVI E LAVAGGIO MANI
Ricordare che l’uso scorretto dei DPI, non solo non protegge dal contagio ma aumenta il rischio di infettarsi.
Per tale motivo è importante ricordare e seguire queste semplici regole:
MASCHERINA: le mascherine, a seconda della loro tipologia, vanno indossate e utilizzate come indicato dal produttore, compreso il periodo di durata. Prima del loro uso quindi leggere attentamente le istruzioni riportate sulle confezioni. Non indossare mai la stessa mascherina per più di un Assistito. La mascherina, una volta tolta, deve essere gettata perché si rischia di infettarsi con le parti già contaminate.
Se si indossa una mascherina chirurgica e le condizioni dell’Assistito lo consentono, è buona norma farla indossare anche all’Assistito stesso. In questo modo non vi contagerete a vicenda.
E’ inoltre necessario ricordare che la mascherina deve coprire naso e bocca, aderire il più possibile al viso e non va mai abbassata sotto al meno e poi riportata in posizione.
Se durante il servizio si ha necessità di tossire o starnutire, va fatto nella mascherina.
Se durante il servizio si ha necessità di soffiarsi il naso:
togliere il secondo paio di guanti
lavare accuratamente le mani
togliere la mascherina facendo attenzione a non toccarsi il viso con la parte esterna della mascherina stessa
lavare accuratamente le mani
soffiare il naso con un fazzolettino di carta (da gettare subito nella spazzatura),
lavare accuratamente le mani,
indossare un nuovo paio di guanti
indossare una nuova mascherina
COPRICAPO O CUFFIA: deve contenere tutti i capelli. La sua funzione è quella di evitare che i capelli vengano contagiati dal virus e, toccandoli o pettinandoli, ci si vada poi ad infettare.
OCCHIALI PROTETTIVI O VISIERA: il virus si tramette anche attraverso il bulbo oculare e, per tale motivo, è importante proteggere gli occhi. Se si usano mascherine chirurgiche, è preferibile utilizzare una visiera integrale che copre il viso dalla fronte al mento. Gli occhiali o visiera, devono essere accuratamente lavati e disinfettati al termine del servizio (con disinfettante a base di candeggina) per poterli utilizzare di nuovo. Se si indossano anche occhiali da vista, ricordarsi di lavare e disinfettare bene anche questi alla fine di ogni servizio.
CAMICE: allacciarlo bene sul retro e farlo aderire bene al corpo, facendo attenzione che non cada sulle spalle e che lasci liberi i movimenti.
CALZARI O SOVRA-SCARPE: non usare cuffie per i capelli al posto dei calzari (o, ad esempio, borse di plastica) perché si rischia di scivolare e quindi di farsi male. I calzari hanno la funzione, come per tutti gli altri DPI di non fare entrare il virus nell’abitazione dell’Assistito, ma anche di non portarlo fuori qualora fosse già presente all’interno dell’abitazione stessa. Per questo motivo, come per gli altri dispositivi monouso, non sono riutilizzabili.
LAVAGGIO DELLE MANI CON ACQUA E SAPONE ( DETTO ANCHE LAVAGGIO SOCIALE DELLE MANI)
aprire rubinetto e portare l’acqua alla temperatura desiderata
bagnare le mani sotto acqua corrente
insaponare le mani con detergente liquido (non usare saponette)
strofinare bene le mani, contando fino a 60 (un minuto) avendo cura di lavare accuratamente ogni dito, il palmo e il dorso delle mani stesse
sciacquare le mani sotto l’acqua corrente
asciugarsi le mani con una salvietta monouso o carta tipo “scottex”
chiudere il rubinetto utilizzando da salvietta monouso o carta tipo “scottex”
LAVAGGIO DELLE MANI CON GEL IDROALCOLICO
versare il gel sul palmo di una mano
strofinare bene le mani avendo cura di lavare accuratamente ogni dito, il palmo e il dorso
lasciare asciugare spontaneamente senza utilizzare asciugamani
COME SI TRASMETTE IL NUOVO CORONAVIRUS
Il nuovo coronavirus che tutti noi stiamo combattendo può essere trasmesso da persona a persona attraverso il contatto stretto con una persona malata o contagiata.
Questo significa che una persona contagiata dal coronavirus, pur non manifestando la malattia (asintomatico) potrebbe comunque trasmettere il virus ad un’altra persona la quale, a sua volta, potrebbe invece ammalarsi, anche gravemente.
Il contagio avviene perché la persona sana, attraverso la bocca ed il naso, assorbe il virus contenuto in:
goccioline di Flugge: microscopiche gocce di saliva (vapore acqueo) in grado di rimanere sospese in aria e di veicolare, dispersi in aerosol, agenti infettivi di numerose malattie come, appunto il coronavirus. Le goccioline di Flugge possono essere emesse dall’individuo attraverso la semplice respirazione, uno sbadiglio, quando si starnutisce o si tossisce
la saliva (ad esempio quella che si trova su un bicchiere quando beviamo o su un cucchiaio/forchetta quando mangiamo)
In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale.
Normalmente le malattie respiratorie non si tramettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.
Attualmente sono in corso diversi studi per comprendere meglio le modalità di trasmissione del virus.
Il nuovo coronavirus può trasmettersi da persona a persona in diversi modi:
perché siamo stati a contatto diretto con una persona ammalata o portatrice del virus
perché abbiamo bevuto o mangiato dagli stessi utensili che ha usato la persona ammalata o portatrice del virus
perché abbiamo stretto la mano ad una persona ammalata o portatrice del virus e poi ci siamo toccati il viso, in particolare bocca, naso e occhi, senza prima lavarci accuratamente perché abbiamo toccato oggetti contaminati dalla persona sana o portatrice del virus e ci siamo portati le mani al viso senza prima lavarle accuratamente
COSA SIGNIFICA STARE A CONTATTO DIRETTO CON UNA PERSONA
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie definisce contatto stretto:
una persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;
una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano); una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);
una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;
una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;
un operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;
una persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie scrive anche che: il collegamento epidemiologico può essere avvenuto entro un periodo di 14 giorni prima o dopo la manifestazione della malattia nel caso in esame.
In parole povere, come meglio specificato anche nel sito del Governo Italiano, il periodo di incubazione, cioè il periodo di tempo che intercorre fra il contagio e lo sviluppo dei sintomi clinici (cioè della malattia), si stima attualmente che oscilli fra 2 e 11 giorni, fino ad un massimo di 14 giorni.
Questo significa, in parole ancora più semplici, che se oggi veniamo contagiati dal virus, ad esempio perché abbiamo stretto la mano di una persona già contagiata e ci siamo portati la mano alla bocca, potremmo ammalarci di COVID19 anche fra 14 giorni.
Per questo motivo, chi sa di essere venuto a contatto diretto con una persona infetta da coronavirus o contagiata, deve mettersi in quarantena, ossia deve restare a casa senza avere contatti diretti con le altre persone per almeno 14 giorni.
COS’E’ IL NUOVO CORONAVIRUS – COVID19
Il nuovo coronavirus che sviluppa la malattia COVID19, fa parte dell’ampia famiglia dei coronavirus, cioè virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sintomi respiratori.
Si può quindi dire che la malattia provocata dal nuovo coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata). Lo ha annunciato, l’11 febbraio 2020, nel briefing con la stampa durante una pausa del Forum straordinario dedicato al virus, il Direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.
I sintomi più comuni di un infezione da coronavirus nell’uomo includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie.
Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte.
Le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie preesistenti quali diabete e malattie cardiache.
Il fatto però che vi siano persone più suscettibili alle forme gravi di coronavirus, non significa che tutte le altre persone siano immuni dall’ammalarsi o da manifestare forme gravi di malattia e addirittura la morte.
Sino ad ora non è stato dimostrato che vi siano persone immuni al coronavirus e, per tale motivo, tutti dobbiamo considerarci a rischio di infezione anche grave.
E’ importante sapere anche che, ad oggi, non esistono vaccini o terapie in grado di fermare il nuovo coronavirus ed è per questo che l’unico mezzo che abbiamo per difenderci è la prevenzione.
Nella rivista «The Lancet Neurology» (18,918-919 ottobre 2019) nove autori manifestano disappunto nell’apprendere che una parte della letteratura sulla AD sostiene che gli scienziati got it all wrong, hanno sbagliato tutto. Lo sbaglio riguarda le placche di betaamiloidi fra i neuroni e ai filamenti dentro i neuroni (tau), descritti da Alois Alzheimer nel 1906 in una demente. Nel 1911 scrisse poi che amiloidi e tau si trovano in cervelli di dementi e di sani di mente, per cui non potevano essere causa della distruzione della mente.
Il neurologo Mcdonald Critchley, nel 1931 ribadì («The Lancet» 217,1119-1127, 1221-1231,1331-1337) che, insorgendo la demenza con e senza placche di amiloidi, essa «non è spiegabile con le placche». Per Critchley la causa più frequente è un disturbo della circolazione cerebrale nell’età avanzata. I dati attuali gli danno ragione. La durata della vita prese a crescere negli anni ’60 del ’900, e con essa il numero dei dementi senili: l’allungamento medio della vita di sei anni e tre mesi ne ha raddoppiato il numero («The Lancet Neurology» 14,967,2015). I dementi in età avanzata nel mondo sono circa 50 milioni, nel 2050, nonostante l’incidenza annuale regrediente, potrebbero essere 120 milioni («The Lancet Internat. Commission on Dementia Prevention»,July 20,2017).
La teoria della «cascata degli amiloidi» («Science» 256, 184-185,1992), sembrò spiegare la demenza. Il cervello produce proteine: quelle in eccesso sono eliminate con l’autofagia. Quando non funziona, le proteine s’accumulano fra i neuroni (betaamiloidi) di cui provocano la degenerazione fibrillare (tau). Il danno provocherebbe la demenza. Alla ricerca della causa dell’accumulo di betaamiloidi e tau hanno partecipato, oltre a istituti universitari, anche grandi società farmaceutiche. L’immenso impegno non ha sortito alcun risultato, tranne l’esclusione di betaamiloidi e tau come causa di demenza. Circa la metà della popolazione, ad ogni latitudine, dopo i 45 anni ha placche e tau senza disturbi e senza diventare demente.
Negli Stati Uniti gli adulti sani di mente con placche sarebbero 47 milioni («Alzheimer’s & Dementia» 14,1663-1673, 2018). Esse non provocano disturbi, e questo è un dilemma irrisolto. Si trovano anche nei cervelli dei dementi, e ad esse si è data la colpa del disastro, ignorando le sagge osservazioni di Alzheimer e Critchley. Dopo un’enorme ricerca, tre scienziati sono giunti a quattro conclusioni («Acta Neuropathology» 136, 663-689, 2018). 1. Nel cervello senza danno cognitivo ci possono essere betaamiloidi e tau. 2. La diagnosi clinica di AD non comporta beta-amiloidi e tau nel cervello. 3.Dimensione e allargamento delle placche non sono correlate al peggioramento cognitivo. 4.Amiloidi nel cervello non sono segno premonitore di demenza.
La diagnosi di Alzheimer senza Alzheimer, cioè di placche senza demenza, e la sollecitazione alla diagnosi precoce, cercando e controllando le placche, sono insensate. Tali analisi sono raccomandate a persone sane o con sintomi del normale declino cognitivo dell’età avanzata, anticipando l’angoscia per una malattia di cui non si sa se e quando insorgerà.
L’epidemiologia rigorosa ha fornito dati che confortano l’opinione che nella maggioranza dei casi l’AD non è monocausale, ma è la sindrome di più cause: curate per tempo o prevenute, il numero dei dementi cala. Non scompariranno, perché una minoranza è dovuta a modificazioni genetiche. Il primo studio sulla diminuzione dell’incidenza annuale della demenza è del 2005 («Advances in Gerontology» 16,30-37,2005). Negli Stati Uniti nel 1999 ci furono 310.000 casi in meno rispetto al 1982 di persone oltre i 65 anni con demenza, scesi dal 5,7 al 2.9.% della popolazione. Ciò era avvenuto parallelamente alla regressione di disturbi cardiovascolari: la concomitanza non poteva essere casuale. Tre anni dopo si confermava la «compressione della morbidità cognitiva» in un campione della popolazione degli Stati Uniti con una diminuzione di circa il 30% («Alzheimer’s & Dementia» 4,134-144,2008). Fra il 2000 e il 2012 l’incidenza è ulteriormente scesa («JAMA Intern. Medicine» 177,51-58,2017). Nel Regno Unito e in Spagna l’incidenza della demenza è diminuita, nelle ultime generazioni, del 22% e del 43%, («The Lancet Neurology» 14, 967, 2015). Nel Regno Unito nel 2015 i colpiti sono stati 210mila anziché 250mila, com’era prevedibile dai dati precedenti («Nature Communications» 7, 11398, 2016). Il numero degli anziani cresce, e quindi il numero dei dementi sale, ma meno di prima. La diminuzione dell’incidenza di nuovi ammalati continua a corrispondere a quella di pazienti con disturbi vascolari di cuore e cervello («Nature Review Neurology» 12, 317-318,2016). Il rischio della demenza dipende dall’età, delle varianti genetiche, delle condizioni sociali e dal comportamento.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2017, ha posto al vertice delle priorità per contrastare la demenza misure preventive («The Lancet» 390,2614-2615, 2017). La sindrome è dovuta a lesioni che provocano il danno irreversibile e progressivo del cervello. Prevenzione e cura tempestiva scemano il rischio della demenza, secondo alcuni dati e in alcune regioni, fino al 50%. Si tratta di ipertensione arteriosa e altri disturbi cardiocircolatori, diabete, obesità, depressione, tabagismo, alcolismo, scarso impegno mentale, inattività fisica, insonnia («The Lancet Public Health» Febr. 20 2018). A partire dai 45 anni la pressione arteriosa può cominciare a salire senza disturbi, finché non insorgono danni al cervello. Dopo i 45 anni il controllo della pressione dovrebbe essere la regola («The Lancet Neurology» 18,906-908, 2019). Lo si può dare a casa senza difficoltà. Le droghe, anche la marijuana, predispongono alla demenza.
La prevenzione dipende dalla disciplina, che è virtù rara, per cui la tendenza è di ignorarla. Dieci Istituti di geriatria, neurologia, medicina interna e gerontologia di vari paesi europei hanno concordato una procedura – che dovrebbe essere diffusa ovunque – per verificare e stimolare la disciplina delle misure preventive della demenza, le stesse che si raccomandano per vivere meglio e a lungo. Solo la prevenzione dei disturbi cardiocircolatori (specie dell’ipertensione) è osservata dal 90% dei partecipanti all’indagine. Il controllo di dieta, alcol, tabacco e diabete è trascurato, specie dai depressi. Contatti frequenti fra medici e pazienti, se possibile anche con Internet o smartphone, dovrebbero convincere a far meglio («Alheimer’s & Dementia» 15,729-741,2019).
La diagnosi è esclusivamente clinica. All’inizio di disturbi cognitivi, è opportuna una risonanza magnetica (senza cercare amiloidi) per una valutazione della condizione cerebrale. L’infrequente demenza dovuta all’allargamento dei ventricoli cerebrali, è l’unica che può essere curata, deviando con un’operazione il liquido cerebrospinale. La prevenzione diminuisce l’incidenza di dementi ed evita danni alla salute di carattere generale.
Comunicazione
Era difficile capire che cosa facesse inquietare mio marito. Non era capace di dirlo. Poi, al momento di andare a letto, mi accorsi che aveva un dito del piede gonfio e infiammato.
“Un’altra bella giornata”, diceva spesso la mia mamma quando scendeva per colazione, mentre magari fuori pioveva. E io le dicevo semplicemente: «Allora ti senti bene?»
I malati di Alzheimer manifestano difficoltà di comunicazione, che tendono col tempo a diventare sempre più gravi. Il termine “afasia” si usa spesso per indicare la difficoltà o la perdita della facoltà di capire la lingua parlata e scritta, come conseguenza del deterioramento del corrispondente centro nervoso (la parte del cervello responsabile della comunicazione). Gli esseri umani comunicano fra di loro mediante la parola, col linguaggio del corpo, usando segni, immagini o simboli e mediante la scrittura. Questo capitolo si divide quindi nelle tre seguenti sezioni:
comunicazione verbale
comunicazione non verbale e contatto fisico
lettura, scrittura e immagini/simboli.
Comunicazione verbale
Con il graduale peggioramento del linguaggio, possono sorgere difficoltà di comunicazione che portano a frustrazione, confusione e talvolta persino a reazioni di rabbia. Se i bisogni e i desideri del malato non vengono soddisfatti, se gli altri interpretano male il suo comportamento, egli può cominciare a provare un senso crescente di isolamento. L’incapacità di comunicare in modo adeguato può essere causa di imbarazzo, specialmente se gli errori vengono rimarcati. In realtà, non è raro che il malato di demenza cominci ad usare un linguaggio meno complesso (frasi più corte e/o un vocabolario limitato), prenda meno parte alla conversazione, si rinchiuda progressivamente in se stesso fino al punto di smettere completamente di parlare.
Anche in chi assiste crescerà la frustrazione per non poterlo aiutare, lo sconcerto per il suo comportamento e la nostalgia delle lunghe conversazioni che si facevano una volta. Ci sono numerose soluzioni pratiche che possiamo adottare per migliorare la comunicazione, mantenendo sempre equilibrio e naturalezza: il nostro atteggiamento sereno e l’incoraggiamento sono gli elementi più importanti.
Come facilitare la comunicazione verbale
Cercare di adottare un approccio positivo
Sedersi di fronte al malato e cercare di incoraggiarlo a parlare
Cercare di cogliere l’emozione che esprime
Evitare di sottolineare inutilmente gli errori
Cercare di dargli aiuto e adattare il proprio stile di linguaggio
Assicurarsi che la comunicazione non sia ostacolata da problemi fisici
Come facilitare la comunicazione verbale Cercare di adottare un approccio positivo
Con la pazienza, la calma e un atteggiamento non critico, è più facile ottenere dal malato un livello di comunicazione accettabile, evitando imbarazzo e vergogna. È meglio che siamo noi a prendere l’iniziativa parlandogli di qualcosa di interessante. Possiamo anche cercare di coinvolgerlo in conversazioni con altre persone. Anche quando il malato di demenza comincia a usare uno stile di linguaggio più semplice e frasi più corte, è importante non trattarlo come un bambino, o in maniera troppo condiscendente, o – peggio ancora – parlare di lui come se fosse assente. I “Dieci consigli” su come avvicinare il malato di demenza e comunicare con lui (Tabella 1) ci indicano alcune semplici linee guida.
Spesso, le parole che si usano e lo stile del linguaggio sono molto meno importanti delle emozioni che si esprimono. Evitiamo pertanto di stigmatizzare gli errori, ma cerchiamo piuttosto di capire e di rispondere a ciò che secondo noi il malato ha voluto dire e a ciò che prova in quel momento.
Tabella 1 – Dieci consigli
Come avvicinare
il malato di demenza
Stargli molto vicino
Chiamarlo spesso con il suo nome
Toccare il suo corpo delicatamente
Mettersi di fronte a lui e alla
stessa altezza
Stabilire un contatto con lo sguardo
Come comunicare con
il malato di demenza
Parlargli con chiarezza e molto
lentamente
Usare parole e frasi molto brevi, semplici e concrete
Accompagnare il linguaggio verbale con
una gestualità coerente
Dargli un messaggio per volta
Usare frasi affermative
Cercare di dargli aiuto e adattare il proprio stile di linguaggio
Poiché molti dei problemi incontrati dal malato di demenza sono in qualche modo legati alla perdita di memoria, possiamo aiutarlo ripetendo i concetti, riassumendo e richiamando cose dette in precedenza, evitando di farlo attendere se si aspetta una risposta e usando più spesso i nomi delle persone. Se ci accorgiamo che la persona non ha capito qualcosa, possiamo ripetere quello che abbiamo appena detto usando parole diverse. Ma, se abbiamo usato una frase semplice e specifica, è meglio aspettare e poi ripeterla con le stesse parole. Se ci sembra che la persona sia bloccata da una parola, possiamo dargli un suggerimento. Talvolta il malato usa una sola parola della frase in modo improprio e la chiave per capire ciò che sta cercando di dire si trova spesso in quella parola (ad es. orologio invece di tempo, zuccotto invece di cappotto o pioggia invece di acqua). Ad ogni modo, è importante essere sicuri di non enfatizzare gli eventuali problemi. Inoltre, bisogna stare attenti a non aiutare la persona prima del necessario e a non sostituirsi a lei, poiché questo ridurrebbe la motivazione a provare. È possibile che il malato abbia semplicemente bisogno di più tempo per capire quello che abbiamo detto e per rispondere. Cerchiamo allora che le nostre domande siano semplici, che la risposta richiesta sia preferibilmente un sì o un no. Assicurarsi che la comunicazione non sia ostacolata da problemi fisici
Le difficoltà del malato a comunicare possono essere il risultato di un difetto alla vista o all’udito, o di protesi dentali non corrette. Per esempio, può darsi che non riesca a vedere chi sta parlando o semplicemente non abbia udito quello che qualcuno sta dicendo. Protesi dentali non corrette possono rendere l’eloquio difficoltoso o imbarazzante. È molto importante controllare l’esistenza di problemi fisici che potrebbero interferire con la comunicazione, per poter prendere le misure necessarie.
Comunicazione non verbale e contatto fisico
Man mano che la comunicazione verbale diventa più difficile, ci accorgeremo di poter fare maggiore affidamento sulla comunicazione non verbale, come ad esempio l’inflessione e il tono della voce, lo sguardo, l’espressione del viso, il gesto, il linguaggio dei segni e il contatto fisico. I malati di demenza di solito sono bravi a interpretare questi segnali, ma spesso hanno difficoltà a interpretare i segnali più deboli con cui si fa capire a una persona che è il suo momento di intervenire nella conversazione. Di conseguenza, un malato può interferire nel discorso nel momento meno opportuno e poi non parlare quando è il suo turno, lasciando perplessi gli interlocutori che non sono al corrente del problema.
Come usare la comunicazione non verbale
Fare in modo di non dare messaggi tra loro contrastanti
Cercare di interpretare il “linguaggio del corpo” del malato
Per facilitarlo a prendere la parola quando è il suo turno, cercare di mantenere il contatto visivo mentre gli parliamo e se necessario toccargli una mano
Dare sicurezza e sostegno mediante il contatto fisico
Come usare la comunicazione non verbale L’inflessione e il tono della voce sono di estrema importanza. Per capire quello che stiamo dicendo, Il malato di demenza si concentra su questi elementi, come pure sull’espressione del nostro viso e persino sulla postura del corpo. Questo può essere molto utile, ma può anche portare a malintesi, in particolare quando il significato delle nostre parole non corrisponde a quello del linguaggio non-verbale (per es. se diciamo “Va bene, non è colpa tua” mentre il tono della voce e l’espressione del viso indicano che non va affatto bene e che questo ci fa andare in collera). Il linguaggio non verbale può però anche aiutarci a capire quello che il malato vuol dire quando le parole gli mancano e molto possiamo comunicare attraverso uno sguardo o un sorriso, come pure coi gesti. Molte persone apprezzano il contatto fisico, che può essere un efficace mezzo di comunicazione per i malati di demenza. Si è notato che anche negli stadi più gravi della malattia, essi tendono ancora a rispondere alle voci dolci e familiari e al contatto. Perciò, anche quando il malato non è più in grado di capire, prendergli una mano o mettergli un braccio attorno alle spalle può comunicargli molto e dargli un senso di sicurezza.
Lettura, scrittura e immagini/simboli
A volte ci accorgiamo che il malato capisce un messaggio scritto, mentre ha difficoltà a capire quello che gli abbiamo detto; oppure riesce a leggere correttamente senza cogliere il significato di quello che legge. È in qualche modo sorprendente il fatto che, dopo che ha perso la capacità di scrivere, riesca ancora per molto tempo a scrivere il proprio nome. Molti malati capiscono le immagini e i simboli, anche se può succedere che uno stesso simbolo non abbia per tutti la stessa efficacia. Tutte queste forme di comunicazione coinvolgono diverse funzioni e abilità, che possono modificarsi col tempo e che sono diverse da persona a persona. È importante sfruttare al massimo queste forme alternative di comunicazione finché mantengono la loro efficacia.
Come usare la lettura, la scrittura e le immagini/simboli
Controllare regolarmente se il malato è ancora in grado di leggere e di capire un messaggio scritto
Lasciare foglietti promemoria (con un solo messaggio per foglietto)
Usare simboli che non siano troppo astratti e associare simboli, immagini e fotografie per facilitare la comprensione di un messaggio scritto
Come sfruttare al meglio la lettura, la scrittura e le immagini/simboli Etichette auto-adesive, foglietti, lavagnette piazzati in posti strategici sono tutti espedienti validi per lasciare messaggi del tipo “Non dimenticare di chiudere a chiave la porta”. Per evitare confusione, è meglio lasciare due biglietti diversi piuttosto che scrivere due messaggi sullo stesso biglietto; è comunque opportuno non eccedere nel numero dei biglietti. Le capacità del malato si modificano con il tempo, perciò è buona norma controllare di tanto in tanto se è ancora in grado di leggere e di capire il significato delle parole. Un’altra cosa da fare è etichettare i cassetti, le credenze e le porte per indicare rispettivamente che cosa contengono e dove portano (ad es. calzini, dispensa, bagno, cucina). Tali etichette si possono completare con immagini (ad esempio simboli, fotografie, disegni, ecc.). Per esempio, sulla porta del bagno si può mettere un disegno o una rappresentazione simbolica del water con sotto la scritta “gabinetto”. Questo è particolarmente utile nei luoghi in cui convivono più malati di demenza. Tuttavia, è importante ricordare che simboli troppo astratti non sono efficaci. È meglio perciò evitare simboli moderni molto sintetici o stilizzati, che possono risultare di difficile interpretazione.
Memoria
Mio padre diceva spesso di aver ricevuto una visita, ma non si ricordava da parte di chi. Così pensai di far firmare alle persone che venivano a trovarlo un «registro dei visitatori». Si scoprì allora che il visitatore misterioso era la persona che lo assisteva.
C’erano delle notti in cui ci svegliava suonando il pianoforte. Non riconosceva i suoi figli, ma era ancora in grado di suonare i pezzi più difficili. Mi sembrava di impazzire.
Talvolta ritorna con la mente al tempo in cui lavorava e gli prende l’ansia di non arrivare in tempo in ufficio. All’inizio, gli spiegavo che ormai era in pensione, ma lui insisteva e finivamo per litigare. Ora invece lo rassicuro, gli dico che va tutto bene, che per oggi non deve andare al lavoro.
La perdita progressiva della memoria è uno dei sintomi più comuni della malattia di Alzheimer. È spesso il primo segnale che induce a sospettare che qualcosa non va e a rivolgersi ad un medico.
Ci sono vari tipi di perdita di memoria. Nella malattia di Alzheimer, la memoria dei fatti recenti tende ad essere la più colpita, mentre la memoria a lungo termine resiste per molti anni dall’inizio della malattia. Accade così che i malati di demenza ricordino cose che hanno fatto anni prima, ma non riescano a ricordare se hanno già fatto colazione. La perdita di memoria interferisce con le attività quotidiane e con la capacità di tenere una conversazione, ma forse una delle conseguenze più drammatiche è l’incapacità di imparare. La perdita di memoria può essere irritante (ad es. quando il malato dimentica il nostro nome) o motivo di preoccupazione (ad es. quando il malato dimentica il gas acceso). Anche il malato può esserne estremamente turbato, manifestando confusione, umiliazione e vergogna. Specialmente allo stadio iniziale, è facile che il malato cerchi di nascondere, per imbarazzo o vergogna, alcune conseguenze della sua perdita di memoria. In seguito ne sarà meno cosciente, ma continuerà a soffrirne le conseguenze, come la perdita dell’indipendenza e il senso di frustrazione.
Per fortuna, è possibile fornire al malato di demenza un’efficace assistenza pratica e un valido supporto emotivo, che aiutano a ridurre le conseguenze negative della perdita di memoria. La persona che assiste può perfino sentirsi più vicina al malato e più coinvolta nella sua vita di quanto lo fosse in precedenza. Ma è importante che essa accetti che la sua vita quotidiana è cambiata; le cose non saranno più com’erano prima.
Come affrontare la perdita di memoria
Cercare di mantenere un atteggiamento positivo e rassicurante
Non considerare i suoi comportamenti come rivolti contro di noi
Evitare di sottolineare inutilmente gli errori e i problemi
Ricordargli ogni tanto le cose, utilizzando biglietti o promemoria
Come prevenire i problemi dovuti alla perdita di memoria
Costruire un ambiente adatto ed evitare inutili cambiamenti
Creare delle routine
Consultare i capitoli sulla perdita di memoria in situazioni particolari
Come affrontare la perdita di memoria Mantenere un atteggiamento positivo e rassicurante
Quando si cerca di risolvere un problema legato alla perdita di memoria, è importante tener presente non soltanto l’errore o il problema, ma anche come si sente la persona malata. Per esempio, dimenticare dove stanno le tazzine non è un vero problema, perché qualcuno può facilmente aiutare a ricordarlo; ma il malato può comunque sentirsi imbarazzato, inutile, arrabbiato o frustrato per questo. Altri tipi di dimenticanze possono essere accompagnati da emozioni diverse. Talvolta, chi assiste può avere la sensazione che il malato si comporti deliberatamente in modo maldestro o sconsiderato. È molto importante invece ricordare che il suo comportamento è una conseguenza della malattia. Evitare di sottolineare gli errori
Spesso non è necessario soffermarsi sugli errori. Per esempio, quando si parla con un malato di demenza, può darsi che lui usi un termine improprio perché non riesce a ricordare quello giusto. Si può essere tentati di correggerlo, in modo quasi automatico, ma se si è riusciti a capire quello che il malato intendeva dire, questa correzione non è necessaria e rischia di farlo sentire a disagio, in imbarazzo o irritato. Aiuti e promemoria
Può essere utile, specialmente negli stadi iniziali della malattia, ricordare ogni tanto al malato cosa deve fare, cosa sta succedendo, chi sono determinate persone, ecc. Tuttavia, è importante che questo sia fatto in modo tale da sembrare naturale, senza creare imbarazzo. A parte i biglietti e i promemoria, può essere di aiuto stabilire dei punti di riferimento come agende, tabelloni, segnali sulle porte, foglietti auto-adesivi sul frigorifero (post-it), calendari (cancellando i giorni uno ad uno), orologi (con il quadrante chiaro e un ticchettio marcato), fotografie (con i nomi scritti sotto) o un registro per i visitatori.
Come prevenire i problemi dovuti alla perdita di memoria Stabilità dell’ambiente e routine giornaliera
Poiché le persone malate di demenza perdono la capacità di imparare a causa della perdita di memoria, è meglio adattare la situazione o l’ambiente alle loro necessità, piuttosto che insegnare loro come adattarsi ai cambiamenti di cui sono vittime. Per esempio, se il malato tende a dimenticare di chiudere il rubinetto, possiamo ovviare mediante l’applicazione di un congegno che consenta ogni volta una fuoriuscita di acqua limitata. In ogni caso, è opportuno ridurre al minimo i possibili cambiamenti, impegnandosi nella costruzione di un ambiente stabile, su cui il malato possa fare affidamento.
Anche stabilire una routine giornaliera può aiutare il malato. Forse può sembrare monotono far sempre le cose nello stesso ordine, ma per un malato di demenza questo può aiutare ad evitare ansia e confusione e a risparmiare tempo e energia per altri compiti. Notizie sulla perdita di memoria in situazioni particolari
Molti dei problemi che incontrano i malati di demenza sono in qualche modo legati alla perdita di memoria, ad es. dimenticare di lavarsi, di mangiare, come ci si veste, dov’è il bagno, ecc. Perciò ne parliamo in dettaglio nei capitoli successivi.
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